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Ambiente: il caso

La guerra sulla ciclabile in Maremma fra due nobili e il Parco: «Non rispetta i patti dopo la nostra donazione»

di Mario Neri

	La striscia di terra donata al Parco della Maremma per la “pista” ciclabile
La striscia di terra donata al Parco della Maremma per la “pista” ciclabile

Antonella e Francesca Vivarelli Colonna hanno diffidato l’Ente: «In cambio della terra doveva fare le recinzioni, in tre anni non è stato fatto niente e noi subiamo invasioni e danni»

13 ottobre 2024
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Bikers che imboccano la strada poderale e finiscono nell’aia della tenuta infuriati contro il tragitto che l’Ente Parco mantiene come una selva. Gente che si smarrisce lungo il sentiero nascosto dall’erba alta e rischia pure di finire aggredita dai suoi cani pastore perché ancora non ci sono cartelli che indichino bene il percorso e soprattutto le recinzioni promesse.

«C’è perfino chi mi ha defecato davanti casa, si rende conto». Un via vai di turisti continuo. Americani, olandesi, tedeschi. Anche adesso che l’estate è finita. «E guardi, è stata terribile». Se n’è pentita Antonella Vivarelli Colonna.

Insieme alla sorella Francesca, nel 2021 ha donato al Parco della Maremma una striscia di terra larga dieci metri al confine fra la sua tenuta e la riserva naturale. Una fetta parallela alla ferrovia ricavata dal latifondo eredità della sua famiglia di origini nobili. Doveva essere un cerotto lungo una manciata di chilometri fra Alberese scalo a Collecchio. «L’abbiamo fatto per consentire al Parco di chiudere il percorso della ciclabile che da Grosseto corre fino al mare e non dover costringere i cicloturisti a passare dall’Aurelia, molto pericolosa».

Ecco, se potesse non lo farebbe più. Dopo mesi di tentativi, lettere, telefonate e appelli lanciati nel vuoto, adesso è dovuta passare alle vie legali. O meglio, ha appena diffidato il Parco con un invito a rispettare gli accordi. Se non lo farà, questa diatriba fra le cugine del sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna e l’ente rappresentato dal Simone Rusci, presidente del polmone verde della Maremma, finirà in tribunale. Con richiesta danni annessa.

Gli accordi prevedevano infatti che il Parco si sarebbe impegnato a costruire una recinzione per delimitare la pista ciclabile e separarla dalla proprietà Vivarelli Colonna, piazzare cartelli e segnaletica sufficiente ad evitare che i ciclo amatori in mountain bike si perdano e a installare due cancelli per scongiurare gli sconfinamenti dei pedalatori nella tenuta privata.

«Ecco, solo ultimamente è stato posto qualche cartello m a insufficiente. E uno dei due cancelli ce lo siamo dovuti installare da soli – racconta la signora Vivarelli Colonna – se non fosse che a Ferragosto qualcuno ha spaccato il lucchetto e si è intrufolato nella proprietà». Pensi che la segnaletica è così efficace che qualche giorno fa lungo il percorso è rimasto incastrato perfino un camper».

«A causa della totale assenza da parte del personale del Parco – scrive nella diffida l’avvocato Vittorio Chierroni – , della carenza delle dovute idonee segnalazioni, della non realizzazione dei cancelli a chiusura delle viabilità poderale, la proprietà Vivarelli Colonna è stata più volte oggetto di invasione e di danni. Né le ripetute lamentele hanno mai avuto alcun seguito».

La signora ne ha fin sopra i capelli: «Ho chiamato moltissime volte il presidente, ma delle promesse fatte nemmeno l’ombra. Solo una volta ho segnalato l’erba alta e sono venuti a tagliarla. Ma da marzo più niente. Ripetono sempre la stesa storia, che la Regione non dà i soldi per finanziare i lavori e c’è da aspettare. Noi ci siamo stufate». E se è vero che era stato concesso al Parco di sfruttare il percorso anche in assenza di recinzione, «è evidente che in tale situazione il prestato assenso (comunque del tutto temporaneo e come tale ormai esaurito) non può essere ulteriormente accordato», scrive il legale. Notizie del Parco dopo la diffida? «Niente, nemmeno una riposta», dice Vivarelli Colonna.

Anche noi abbiamo provato a contattarlo, ma senza successo. l




 

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