Indagine su 5g e tumori, è polemica in Toscana: «Non va fatta, è antiscientifica». Operatori telefonici sul piede di guerra
Assessore e Agcom chiedono di ritirarla, gli operatori pronti a fare causa alla Regione
FIRENZE. Stralciare l’indagine epidemiologica dagli atti firmati dieci giorni fa, semmai lasciare ad Arpat i compiti di controllo delle emissioni, ma guai ad affidare all’Ars una ricerca su eventuali correlazioni fra i ripetitori del 5G e l’insorgenza di tumori al cervello e linfomi nella popolazione toscana, specie infantile, perché «non c’è nessuna motivazione scientifica che la giustifichi», quello studio «non ha né capo né coda».
Per questo Stefano Ciuoffo, assessore regionale al digitale e alla connettività, è pronto a chiedere il ritiro della delibera con cui la Toscana ordina alle due agenzie, quella per la protezione ambientale e per la sanità, di condurre una sorveglianza biennale in sei città sulla tecnologia che sta conducendo la regione nella quinta generazione della telefonia mobile.
L’attacco per «lo spreco di risorse»
E così un provvedimento tecnico innesca un cortocircuito all’interno della giunta di Eugenio Giani e fa esplodere un caso politico nazionale. Proprio ieri, con una lettera aperta al governatore, è stato il pratese Antonello Giacomelli, commissario Agcom, peraltro molto vicino a Ciuoffo, a chiedere una retromarcia. L’ex sottosegretario alle comunicazioni nel 2017 avviò dal governo la sperimentazione sul 5G in cinque città, fra cui la sua Prato, e ora dice di essere rimasto «senza parole» di fronte alla delibera della Regione, parla di spreco di risorse pubbliche per i 220 mila euro stanziati, cita «uno studio dell’Oms» che certifica la «totale inconsistenza della nutrita seria di fake news che ipotizzavano relazioni tra 5G e patologie tumorali» e definisce l’indagine commissionata dalla Toscana «imbarazzante» oltre a chiedersi «quale segnale sta dando la Toscana al mondo dell’innovazione?» .
Gli operatori di telefonia pronti a fare causa alla Toscana
Gli operatori della telefonia mobile nazionali avrebbero già discusso del “caso Toscana” in una riunione di Asstel convocata martedì e sarebbero pronti a procedere per vie legali se la Toscana non ritirerà l’atto. Ieri, poi, è stato un fuoco di fila delle opposizioni. E perfino fra i consiglieri dem ci sarebbe chi ha storto il naso. Adesso nel mirino finiscono Monia Monni e Simone Bezzini, assessori all’ambiente e alla sanità che hanno firmato il provvedimento. A loro Ciuoffo chiederà «quantomeno la revisione della delibera, limitiamoci al controllo, la scienza esclude legami fra campi elettromagnetici e tumori, non è vero che non ci sono dati sufficienti».
Come nasce lo studio
Ma come si è arrivati a commissionare uno studio ad Ars e Arpat? Davvero solo Monni e Bezzini conoscevano la delibera? Non proprio. Intanto perché è nata su impulso di una mozione votata a maggioranza da Pd e M5S. A suscitare scalpore poi è un passaggio della relazione tecnica in cui si sottolinea che dalle ricerche internazionali finora condotte uscirebbero «risultati contrastanti» e «evidenze inconcludenti degli studi».
La frase ha sollevato le proteste di molti studiosi, fra cui il virologo Roberto Burioni. Tutti citano la maxi ricerca pubblicata qualche tempo fa dall’Oms sulla rivista Environment International su rischio cancro e effetti del 5G. Ed è chiara: «nessun rischio da uso del cellulare», e «le radiofrequenze provenienti da stazioni radiobase difficilmente aumentano il rischio di cancro infantile».
I dati dell’Asl Sudest e «l’approccio cautelativo»
Ecco, quella ricerca la cita anche un rapporto dell’Asl Sudest del 24 maggio scorso da cui si sono mossi Ars e Arpat, e dice che «nel corso delle ultime analisi sono state osservate associazioni positive tra esposizione a campi elettromagnetici e patologie come glioma e neurinoma acustico per 5G», precisando che sebbene «l’evidenza non è ancora sufficientemente forte per stabilire una relazione diretta», «si auspicherebbe l'adozione di un approccio cautelativo». Ma perfino l’Oms, nell’ultima revisione del suo meta-studio, condotto attraverso la lettura di 63 articoli scientifici sul tema, dice che «la «valutazione delle prove sui tumori cerebrali pediatrici in relazione all'esposizione ambientale a radiofrequenze da trasmettitori fissi deve essere interpretata con cautela, a causa del numero esiguo di studi». Infine c’è un report dell’Arpat che traccia la mappa delle stazioni radiobase (prima per il 4G, poi per il 5G) installate in Toscana dal 2010 al 2022: in dodici anni da 5.784 siamo passati a 19.540.