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Toscana, negli stomaci di delfini e tartarughe trovate concentrazioni alte di inquinanti. E stanno peggio i cuccioli

di Martina Trivigno
Toscana, negli stomaci di delfini e tartarughe trovate concentrazioni alte di inquinanti. E stanno peggio i cuccioli

Lo studio Arpat e Università di Siena hanno analizzato 37 animali spiaggiati

18 marzo 2024
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Concentrazioni molto alte di Pfas negli stomaci di animali spiaggiati come il delfino (Stenella coeruleoalba), la tartaruga marina comune (Caretta caretta) e alcuni esemplari giovanili di squalo grigio, verdesca e squalo volpe, ritrovati lungo le coste della nostra regione. Lo studio è stato condotto dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, guidata dal direttore generale Pietro Rubellini, e ha evidenziato la presenza di inquinanti organici persistenti e un sistema immunitario a volte indebolito, condizioni che potrebbero rappresentare una concausa, insieme ad altri fattori, nel decesso dell’animale.

La ricerca di inquinanti persistenti in questi animali è stata avviata in collaborazione con l’Università di Siena e si tratta di un’attività che affianca quelle già previste nei piani di monitoraggio marino su altri tipi di organismi, come le cozze, le telline, i muggini, i naselli e il gambero rosa sull’acqua di mare e sui sedimenti.

L’individuazione di contaminanti negli animali marini, e nelle loro prede, è un campo di indagine ancora poco esplorato.

Nel caso dell’indagine dell’Arpat, i campioni di tessuto, prelevati dagli esemplari spiaggiati (26 stenelle, due tartarughe e nove squali), sono stati analizzati attraverso la cromatografica liquida ad altissime prestazioni (che separa i componenti di una miscela liquida in base alle loro diverse interazioni con una fase stazionaria) accoppiata a spettrometria di massa ad alta risoluzione.

E i dati ottenuti mostrano una presenza di sostanze perfluorurate: in particolare, nei tessuti di squali e di tartarughe le concentrazioni sono generalmente molto inferiori rispetto a quelle dei delfini, mentre in questi ultimi (stenella striata) sono state rilevate maggiori contaminazione nel fegato rispetto al cervello e al sangue, mentre, nel muscolo si hanno quelle più basse; nel loro tessuto cerebrale, inoltre, sono preponderanti i Pfas carbossilati a catena lunga a testimoniare una sorta di permeabilità della barriera emato-encefalica nei riguardi di questo tipo di sostanze.

Le concentrazioni di Pfas sono maggiori negli animali (stenelle) più giovani (appena svezzati o ancora allattati), come accade per altri mammiferi con altre tipologie di contaminanti persistenti, mentre non sono emerse differenze significative di genere. A queste analisi è stata unita la ricerca dei contaminanti nei contenuti dello stomaco degli animali spiaggiati o catturati in modo accidentale, esaminando anche le loro principali prede (acciughe, sardine, gamberi, granchi, chiocciole di mare, seppioline) per ricostruire il percorso seguito all’interno della catena alimentare. Questa prima indagine sui contenuti gastrici (11 campioni) ha evidenziato una minore concentrazione di Pfas nei pesci (acciuga, argentina e nasello) rispetto a crostacei e cefalopodi.

 

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