Chiude il circolo Arci di Candeglia: era aperto dal 1925. La storia, i ricordi e i motivi della crisi
Fondato nel Ventennio come sede di una banda il suo declino è iniziato con l’uscita delle cuoche volontarie. È sempre stato un riferimento del paese ma ora non trova gestori
Solo la guerra e la pandemia, in quasi un secolo di storia, erano riuscite a sospendere le attività. Non a chiudere: a sospendere. Ma il mitico circolo Arci di Candeglia, frazione alle porte di Pistoia, si era sempre rialzato. Stavolta, però, dopo 99 anni, proprio alla soglia del centenario il circolo ha chiuso i battenti. Fino a data da destinarsi. «Non potevamo andare avanti», è la desolata spiegazione di chi se n’è preso cura finora.
«È un momento triste, sono costernato, mi ha fatto soffrire tantissimo», dice Franco Menichini, presidente dell’associazione musicale Teodulo Mabellini, proprietaria del locale.
Proprio questa associazione aveva fondato il mitico locale nel 1925. Natali che conferiscono al circolo Arci di Candeglia un curioso primato: quello fu infatti l’anno dell’emanazione delle leggi fascistissime.
«Nel lontano 1925 – spiega Franco Menichini – qui fu costruita la sede della Banda Musicale “Teodulo Mabellini” che fu sciolta dopo la Seconda Guerra mondiale. I suonatori vi facevano le prove. C’erano un circolo e un piccolo bar».
All’interno rimangono tracce dell’originaria funzione, in particolare strumenti musicali e targhe, testimonianza preziosa sia dal punto vista culturale che sociale che merita di essere riscoperta.
La sorte ha voluto che, una volta sciolta l’associazione, l’attività fondata nel Ventennio venisse proseguita dall’Arci nel secondo dopoguerra.
«In questi cento anni – prosegue Menichini – è stato chiuso solo per eventi drammatici come la guerra e la pandemia. È la prima volta che accade come un fulmine a ciel sereno».
Un duro colpo al popoloso paese. La struttura, ampliata negli anni Sessanta, sviluppata su due piani, ha accolto tante iniziative di incontro, beneficenza e dibattito.
Nel 1971 è entrato nel consiglio del circolo Luciano Vannacci, l’ultimo presidente. «La decisione di chiudere – dice – mi ha addolorato. La consolazione sono le centinaia di telefonate di sostegno che sto ricevendo. Sono nel consiglio da 51 anni e ne avevo viste di tutti i colori. Questa è la più nera. Tempo fa sono stato colpito da ictus. Non potevo continuare, ma il mio sogno da mezzo secolo era poter lasciare un giorno e diventare un semplice frequentatore. Invece adesso il futuro è incerto».
I problemi, racconta, sono iniziati in un preciso momento, «quando le donne volontarie della cucina hanno deciso di smettere – spiega –. Avevamo però assorbito il colpo e c’erano le condizioni economiche per andare avanti. Fino a sabato abbiamo organizzato le serate danzanti. Non abbiamo debiti e addirittura avevo creato un fondo per garantire il Tfr ai dipendenti. Tempo fa si era licenziata una dipendente a cui abbiamo pagato tutto. La nostra è un’attività senza fini di lucro, con il solo scopo di aggregare attorno a sani principi. Sei membri del consiglio erano disposti a continuare, ma nel corso dell’assemblea sono stati sfiduciati. Ci hanno costretti a malincuore a chiudere».
L’assemblea a cui si riferisce Vannacci è quella del consiglio che si è riunito lunedì scorso. Dall’indomani, martedì, il circolo è chiuso. Le due dipendenti del bar sono al momento in ferie. «Speriamo che si possa riaprire prima che le esauriscano», dice Vannacci.
Si cercano infatti soluzioni per riaprire quanto prima. La proprietà è disposta a continuare a concedere la struttura in comodato gratuito, ma al momento nessuno ha raccolto il testimone.
Ieri in città la notizia della chiusura era tema di discussione. In un bar un signore sui 70 anni abbondanti raccontava: «Ero lì a ballare il giorno che conobbi mia moglie. Cantavano i Nomadi. Ora ci andavo a giocare a carte». Nei pressi una signora sulla cinquantina interviene: «Anche mio padre andava lì a giocare a carte».
Vannacci conferma un passato con i fiocchi: «Negli anni d’oro abbiamo avuto Nini Rosso e Betty Curtis». E tiene a sottolineare una cosa: «Tutte le strutture del circolo sono a norma di legge. Abbiamo sempre investito molto per gli adeguamenti».
Eppure Silvia Bini, presidente dell’Arci provinciale di Pistoia, la mette in positivo e tranquillizza: «Lunedì ci siamo riuniti in quanto il mandato del consiglio era scaduto. Dall’assemblea, molto partecipata, è emerso che non vi erano le condizioni per il rinnovo del consiglio. Occorrendo anche procedere al tesseramento, abbiamo deciso per una pausa di riflessione. La fase che porterà alla riapertura è a buon punto. Dovrà anche emergere un progetto di rilancio dell’attività. Servirà per questo un po’ di tempo. Non è la prima volta che ci imbattiamo in queste situazioni. Successe per esempio sei anni fa al vicino circolo delle Fornaci che poi ha ripreso alla grande l’attività». Chiudere per rinascere. Questo il motto della presidente.