Il Tirreno

Prato

Il caso

Prato, i telefoni cellulari proibiti sono un business criminale

di Paolo Nencioni
Prato, i telefoni cellulari proibiti sono un business criminale

Il retroscena del blitz della polizia penitenziaria nel carcere della Dogaia, dove sono stati trovati 9 smartphone nel reparto di alta sicurezza

3 MINUTI DI LETTURA





PRATO. Alcuni li hanno trovati, altri sono quasi certamente ancora nascosti nelle celle. Il ritrovamento di 9 telefoni cellulari nel reparto di alta sicurezza del carcere della Dogaia, sabato mattina, 11 gennaio, ha acceso i riflettori su un fenomeno conosciuto dagli addetti ai lavori, ma ignorato da chi non conosce le dinamiche delle carceri italiane. Già l’anno scorso il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, aveva lanciato l’allarme dicendo che nei 19 più importanti penitenziari italiani non è affatto difficile procurarsi un telefonino. Secondo le sue stime ce sarebbero stati in media un centinaio per ogni carcere.

Un affare per la criminalità organizzata

E per la criminalità organizzata è diventato anche un affare. Si calcola che la “tariffa” per far arrivare uno smartphone in cella sia di 1.000 euro, 250 euro per una sim. Nelle carceri poi arriva anche ben di peggio, perfino pistole (queste costano 10.000 euro), com’è accaduto nel settembre 2021 nel penitenziario di Frosinone, dove il detenuto Alessio Peluso sparò a un gruppo di altri detenuti che in precedenza l’avevano picchiato.

«A Prato non era mai successa una cosa del genere – dice Ivan Bindo della UilPa, un sindacato della polizia penitenziaria, commentando l’operazione che sabato mattina all’alba ha impiegato un centinaio di agenti – Dalle osservazioni nei giorni e nelle settimane precedenti avevamo capito che qualcuno stava provando a introdurre i telefoni cellulari in carcere e così è stata organizzata l’operazione di controllo. Abbiamo trovato nove telefoni, si spera di averli trovati tutti, ma non si può escludere che alcuni non siamo riusciti a trovarli».

Come li hanno trovati

Non è una possibilità così remota, anzi. Per trovare i telefoni cellulari nascosti, gli agenti della polizia penitenziaria hanno usato rilevatori di onde magnetiche. Sono entrati nelle celle dove lo strumento segnalava qualcosa di insolito e si sono messi a cercare. Ma è quasi certo che se un detenuto ha l’accortezza di togliere la batteria dal telefonino, il rilevatore non potrà segnalarne la presenza. Ecco perché si pensa che alla Dogaia qualche telefono sia rimasto. E non è un problema di poco conto, perché gli smartphone sono stati trovati nella sezione di alta sicurezza, quella più tranquilla, dove sono rinchiusi detenuti condannati per reati di criminalità organizzata, mafiosi, camorristi, ’ndranghetisti, insomma gente che non usa il telefono solo per chiamare la fidanzata o i genitori, ma potrebbe gestire dalla sua cella una rete di trafficanti di droga o peggio, ordinare un omicidio, parlare con un coimputato di un altro carcere per concordare una versione.

La pena per chi viene sorpreso con un telefonino proibito (articolo 391 ter del Codice penale, introdotto nel 2020) va da uno a quattro anni, ma per chi è all’ergastolo è un deterrente molto debole.

Microtelefoni made in China

Tra i nove telefonini trovati sabato mattina alla Dogaia ci sono anche i microcellulari di produzione cinese che sono lunghi meno di cinque centimetri e vengono nascosti nelle mutande. Come fanno ad arrivare alla Dogaia? Spesso li portano i familiari, anche perché il metal detector non li rileva e le perquisizioni non sono così accurate. Qualche settimana fa qualcuno ha provato a tirare un paio di palloni da calcio (contenenti sei telefonini) dall’esterno oltre il muro di cinta. Lì ci sono i detenuti lavoranti che avrebbero potuto prenderli, ma sono stati intercettati dagli agenti.

Non è escluso che in altre occasioni la consegna sia andata a buon fine. In altre carceri si è provato, con successo, a far arrivare i telefoni di notte fin dentro le celle utilizzando i droni. Vincenzo Scognamiglio, uno “specialista” di questi traffici al servizio dell’Alleanza di Secondigliano arrestato l’anno scorso a Napoli, in un’intercettazione si vantava di riuscire a guadagnare anche 10.000 euro al giorno pilotando i droni.  l

Primo piano
Maltempo

Forte vento in Toscana, giornata tragica: una vittima, scuolabus colpito da un albero e decine di interventi. Allerta prorogata (anche per neve)

Sportello legale