Prato, marito geloso mette le microspie in casa per ascoltare la moglie: dove le ha nascoste e le conseguenze
Lei l’ha scoperto e ne è nata una furiosa lite: entrambi sotto processo
PRATO. «Sì, l’ho chiamato cornuto perché lui mi dà della troia». Sembra l’antico dilemma su chi sia nato prima tra l’uovo e la gallina, ma stavolta se ne parla in Tribunale, nel processo che vede opposti marito e moglie alla fine di un matrimonio burrascoso, fatto di offese, sberle e alla fine anche di microspie, quelle che lui ha piazzato in cucina per capire se davvero lei se la faceva con un altro.
Lui (evitiamo i nomi perché il procedimento è ancora in corso) ha 66 anni ed è originario della provincia di Agrigento, come la moglie, che di anni ne ha 58. Da tempo vivono a Prato e hanno passato la vita insieme, ma a un certo punto la convivenza è diventata impossibile perché lui sospetta che lei lo tradisca con un altro. Lo sospetta da tempo, almeno dal novembre 2017, quando secondo l’accusa sostenuta dal sostituto procuratore Laura Canovai si è procurato una microspia e l’ha piazzata sopra un mobile della cucina per ascoltare che cosa diceva o faceva la moglie quando lui non c’era. Per questo è chiamato a rispondere del reato di interferenze illecite nella vita privata.
La cosa è andata avanti fino al 27 dicembre 2018, quando la moglie presumibilmente se n’è accorta.
Se n’è accorta anche perché lui non è stato molto discreto. Lei all’ora di pranzo parlava con la sorella e lui la sera le diceva che cosa si erano dette. Pochi giorni dopo, il 2 gennaio, è scoppiata una lite di cui hanno fatto le spese la moglie (frattura a un braccio) e la figlia (contusioni multiple). Il referto di 30 giorni non ha impedito alla moglie, pochi giorni dopo, il 12 gennaio, di rendere pan per focaccia al marito. Nel suo caso il referto parla di trauma cranico frontale. Quindi anche lei ora deve rispondere di lesioni personali aggravate.
Di fatto i due hanno continuato a vivere da separati in casa, ma lui non ha rinunciato all’idea di spiarla. Persa la prima microspia, secondo l’accusa ne ha usata un’altra, l’ha nascosta nella cappa di aspirazione della cucina e ha continuato l’ascolto illecito. In alternativa, sempre secondo l’accusa, è ricorso al metodo tradizionale del pedinamento per capire dove andava la moglie e con chi si vedeva. Per questo ora è chiamato a rispondere anche del reato di atti persecutori.
Giovedì uno dei due processi che li vede coinvolti è proseguito in Tribunale davanti al giudice monocratico, che ha rinviato a gennaio per ascoltare alcuni testimoni.
Ora i due imputati, difesi da Alessandro Fantappiè e Christian Vannucchi, non vivono più nella stessa casa e il marito non ha più bisogno di ricorrere alle microspie per spiare la moglie.