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Prato, confezionisti arrestati: l’operaio cinese ha denunciato perché era stato messo all’angolo

Prato, confezionisti arrestati: l’operaio cinese ha denunciato perché era stato messo all’angolo

Il titolare dell’azienda l’aveva licenziato senza pagarlo e poi aveva diffuso un video col messaggio “non assumete mai quest’uomo” dopo essere stato minacciato con un coltello

18 ottobre 2024
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PRATO. Non è stata solo la volontà di denunciare una situazione di sfruttamento a spingere l’operaio cinese di 40 anni a rivolgersi prima al sindacato e poi alla Procura per raccontare la storia da cui è scaturita l’inchiesta che ha portato giovedì 17 ottobre all’arresto di due confezionisti cinesi accusati di sfruttamento della manodopera. L’operaio orientale, da quanto risulta negli atti dell’inchiesta, era stato messo all’angolo e in pratica non aveva molte alternative se non quella di rivolgersi alle autorità: aveva minacciato i titolari della confezione con un coltello perché non volevano pagarlo; gli stessi titolari che poi avevano pubblicato su Tik Tok il video della polizia mentre lo fermava, immagini accompagnate dal messaggio: “Non assumete mai quest’uomo”. In una comunità monolitica come quella cinese di Prato, qui non aveva più un futuro.

L’operaio ha raccontato di essere arrivato in Italia dalla Cina nel 2018 pagando 7.000 euro. Nel suo paese ha lasciato mogli e due figli. L’idea era di risparmiare per mandare un po’ di soldi a casa e per un certo tempo ha funzionato. Nonostante fosse clandestino, il quarantenne è riuscito a trovare diversi lavori nelle ditte tessili. Nel febbraio 2022 è approdato nella confezione nella zona dell’ex Ippodromo: 1.300 euro al mese più vitto e alloggio, 13 ore di lavoro al giorno senza ferie, malattie e ovviamente senza contributi. Ma nell’agosto dello stesso anno il titolare lo ha messo alla porta e si è rifiutato anche di pagare lo stipendio di luglio. L’operaio, esasperato, si è presentato davanti alla confezione, armato di coltello, e i coniugi titolari dell’azienda hanno chiamato la polizia, poi lo hanno filmato e hanno messo in giro quelle immagini facendo sapere alla comunità che di lui non ci si poteva fidare. L’operaio, scoraggiato, si è rivolto alla Cgil e di lì è nata l’indagine della guardia di finanza. Quando i suoi ex compagni di lavoro sono stati chiamati a testimoniare, nessuno ha confermato il suo racconto, salvo un pachistano. Erano già stati indottrinati dal titolare su come rispondere. Lo stesso operaio, prima del licenziamento, era stato istruito su come comportarsi in caso di controlli a sorpresa: uscire dalla porta sul retro, non portarsi mai dietro i documenti d’identità, alle brutte il titolare della confezione avrebbe dato ai poliziotti il documento del fratello. Funziona spesso, stavolta no, perché stavolta l’operaio non aveva più niente da perdere e ha raccontato la verità.

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