Dottoressa in prima linea: «Cure subito e a domicilio per battere l’epidemia»
Monica Lippi lavora da mesi sull’Autocovid «Servono protocolli diversi e un intervento immediato per tutelare persone e ospedali»
PISTOIA. Monica Lippi, dottoressa specializzata in geriatria, 63 anni, ha combattuto faccia a faccia con il Covid in prima linea. Dal 25 marzo al 30 aprile, per 37 giorni nel momento più duro della prima ondata, ha fatto parte del servizio Autocovid, recandosi di persona a casa dei malati, per curarli senza farli venire in ospedale. Con la seconda ondata, da novembre, ha ricominciato a lavorare fianco a fianco con altri medici e infermieri.
Nonostante le cautele, ha preso anche lei il Covid, ma è riuscita a guarire. Ora, però, è preoccupata: per affrontare al meglio l’epidemia, occorre curare subito chi si infetta, possibilmente curarlo a casa. Ma su questo fronte Monica Lippi vede ancora troppi ritardi.
«Sono un medico che da tanti anni lavora sul territorio – dice – e facendo un servizio come quello dell’Autocovid, ho potuto constatare personalmente quelle che sono state e sono le carenze territoriali. Mi auguro e ci auguriamo tutti che nel prossimo autunno e inverno non vi siano più casi di Sars Cov-2 o, perlomeno, che siano pochi, nella eventualità che vi possa essere qualche variante, qualche mutazione del virus. Vorrei che non fossimo impreparati».
Cosa servirebbe invece?
«Auspico che si possa pensare ad un protocollo terapeutico condiviso da tutti i professionisti che operano sul territorio. Mi auguro di poter curare le persone a casa, mi auguro che vi siano incontri fra medici di medicina generale, liberi professionisti, specialisti, in modo da poter definire, in maniera semplice ed efficace, uno schema farmacologico utilizzabile da tutti».
In particolare?
«Non voglio entrare nello specifico, ma ormai sappiamo che ci sono farmaci che possiamo prescrivere, con i quali possiamo combattere la malattia. Sappiamo anche che la battaglia con il Covid deve essere combattuta soprattutto nella prima settimana dall’infezione. Addirittura, la terapia dovrebbe essere iniziata, soprattutto se ci sono i sintomi, ancor prima di avere la risposta del tampone nasofaringeo».
La vaccinazione quindi non è un’arma utile?
Figuriamoci se penso questo, sono una geriatra. Indispensabile vaccinare chi ha oltre 80 anni e le persone fragili. Ma la scelta chiave è curare le persone subito, a casa. Attendere è sbagliato».
Quindi occorrerebbe non concentrarsi solo sulle vaccinazioni ma anche sulla cura tempestiva dei malati, quando si trovano nelle loro case?
«Questo vorrebbe dire proteggere le persone stesse e proteggere l’ospedale. Vorrebbe dire fare prevenzione, nel senso di evitare che tanta gente possa essere ricoverata, intubata, auspicando che non vi siano più morti per Covid».
Queste sue convinzioni le ha maturata nella sua esperienza con l’Autocovid?
«All’inizio portavamo con noi dei farmaci ma quell’approccio non era completo. Mi sono informata, ho cominciato a seguire le iniziative di sostegno alla terapia domiciliare animate dall’avvocato Grimaldi (presidente del comitato terapie domiciliari Covid, ndr) e ho visto che un diverso approccio funziona. Ci sono protocolli che hanno dimostrato la loro efficacia, con farmaci diversi da quelli che usavamo all’inizio. Non è assolutamente mia intenzione fare polemiche, ma quello che vorrei fortemente è che di questi temi si parlasse, che le esperienze positive si condividessero, anche a livello locale. Serve un maggior confronto». –
F.C.
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