Addio al campione Fabrizio Fabbri infaticabile gregario di Gimondi e Moser
Il “Rosso della Ferruccia” aveva 70 anni. Fu protagonista del pedale negli anni Settanta e poi alla guida della Mapei
agliana. Ciclismo in lutto: se n’è andato Fabrizio Fabbri, protagonista del ciclismo degli anni Settanta e poi apprezzato ds. Atleta di grande temperamento, al servizio di campioni come Francesco Moser e Felice Gimondi, ma anche in grado di mettere la ruota davanti a tutti e vincere belle corse, in tutto una ventina. Fabrizio Fabbri aveva settant’anni. È deceduto ieri all’ospedale Cisanello, a Pisa, dopo avere lottato strenuamente, da quell’irriducibile combattente che era, contro un male incurabile.
Nato alla Ferruccia di Agliana il 28 settembre 1948 e soprannominato dagli appassionati di ciclismo locali il “Rosso della Ferruccia” per il colore dei capelli, o in subordine “Fabbrino”, Fabrizio Fabbri ha avuto un’importante carriera ciclistica da dilettante, con vittorie nel campionato toscano e in varie classiche nazionali, alla quale seguì il meritato approdo al professionismo avvenuto nel 1970.
In tutto furono dieci anni di proficua attività, talora al servizio di campioni come Gimondi e Moser: fu compagno di Felice Gimondi nella leggendaria squadra della Bianchi (quella di Fausto Coppi) nel 1975 e 1976, l’anno in cui contribuì notevolmente alla terza e ultima vittoria del campione bergamasco al Giro d’Italia.
Nel 1977 passò alla Sanson, nella quale il capitano assoluto era uno sfolgorante Francesco Moser. E ancora una volta Fabbri si dimostrò determinante nell’ottenimento di una storica vittoria per il suo capitano, nell’occasione indossando la maglia azzurra della nazionale italiana. Ciò accadde a San Cristobal, in Venezuela, dove Moser conquistò la sua prima e unica maglia di campione del mondo e Fabbri si piazzò al 23° posto, a capo di una giornata memorabile.
Furono venti le vittorie da lui ottenute complessivamente tra i professionisti, incluse tre tappe al Giro d’Italia, una tappa al Giro di Svizzera, due Gp Industria e Commercio di Prato, un Giro dell’Appennino e una Tre Valli Varesine. Nove furono invece le sue partecipazioni al Giro d’Italia (miglior piazzamento finale, un 12°posto nel 1975), una al Tour de France (33°,sempre nel 1975) e due alla Vuelta di Spagna.
Per sei volte il “Rosso della Ferruccia” disputò il campionato mondiale con la maglia azzurra, distinguendosi spesso per l’importante ruolo di regista in gara affidatogli dal suo grande amico ed estimatore, il Ct Alfredo Martini.
Ma il periodo d’oro di “Fabbrino”è stato sicuramente quello trascorso alla guida dell’indimenticabile dream team ciclistico della Mapei, prima come manager e quindi come esperto diesse, lungo tutto l’arco dell’eccezionale attività svolta dallo squadrone di patron Giorgio Squinzi, cioè dal 1993 al 2002, con vittorie al Giro e alla Vuelta (Rominger) e in tutte le Classiche più importanti (con Ballerini, Museeuw, Tafi, Bettini e altri).
Da evidenziare il suo importante ruolo di talent scout in seno a club dilettantistici, con l’accordo raggiunto insieme a Valdemaro Bartolozzi per la valorizzazione del ciclismo australiano ed il susseguente lancio di futuri big come Evans, Rogers o Davis o – in Toscana – con la valorizzazione, tra gli altri, di Francesco Casagrande.
Personaggio affabile, pacato e riservato, sempre disponibile al dialogo, ma – da tipico toscano – all’occorrenza anche assai determinato e dotato di una naturale vis polemica, Fabbri si era guadagnato in tanti anni il rispetto e l’ammirazione di tutto il mondo del ciclismo, che ora lo piange. —
Stefano Fiori
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