Il Tirreno

Pisa

Imprese in sofferenza: -3,7%, ma 1.133 sono a rischio usura

di Giuseppe Boi
Imprese in sofferenza: -3,7%, ma 1.133 sono a rischio usura<br type="_moz" />

L’allarme lanciato sulla base dei dati della Banca d’Italia

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PISA. Sono 1.133 le imprese a rischio usura a Pisa e provincia. Un dato in calo del 3,7% rispetto al 2023, ma che resta allarmante. Si tratta in prevalenza artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori “scivolati” nell’area dell’insolvenza e che rischiano di finire nella rete degli usurai. A denunciarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre sulle base delle aziende segnalate alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia dagli intermediari finanziari. Di fatto, questa “schedatura” preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito. Così queste attività economiche in sofferenza rischiano di finire nelle mani degli usurai nel tentativo – errato – di uscire dai debiti e salvare la impresa, beni e famiglia.

«Dal 2008 a oggi abbiamo avuto un incremento costante di famiglie e imprese che chiedono aiuto per non finire nel vicolo cieco dell’usura», conferma Virgilio Bani, che dopo anni di volontariato è diventato responsabile del Centro d’Ascolto prevenzione usura della Misericordia di Pisa. Infatti, se in termini percentuali il calo rispetto al 2023 è, come scritto, del 3,7%, in numeri assoluti si traduce in appena 43 aziende state capaci in un anno (i dati Cgia si riferiscono al periodo tra il 30 giugno 2023 e il 30 giugno di quest’anno) di uscire dal sovraindebitamento.

Un trend per altro in linea con il dato regionale. In Toscana – sempre nello stesso periodo – le imprese uscite da una situazione di sofferenza sono state 333. Vale a dire il 3,5% in meno rispetto al 2023. Nelle dieci realtà provinciali toscane sono ben sette quelle in cui si segnala un calo del sovraindebitamento aziendale. Si va dal -2,1% di Siena al -8,8% di Lucca. In controtendenza Massa Carrara (+1,6%), Grosseto (+2%) e Prato (+2,3%).

«Gli imprenditori che vengono segnalati alla Centrale Rischi della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria dell’azienda – sottolinea la Cgia –. Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere con regolarità i pagamenti dei propri committenti o per essere “caduti” in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi».Resta il fatto che chi finisce nella black list della Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare aiuti economici dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o scivolare tra le braccia degli usurai.

Una soluzione è rivolgersi al “Fondo di prevenzione dell’usura” introdotto con la legge 108 del 1996. «Quest’anno abbiamo portato a termine due procedure con questa legge – conferma Bani –. L’esposizione media si aggira intorno ai 100mila euro e, se il sovraindebitato ha ancora un reddito, tra saldi e stralci, grazie al fondo il debito può abbassarsi, intorno ai 60mila euro».

Diversa la situazione se non si ha più un lavoro o si è precari. «L’unica soluzione è dichiarare il sovraindebitamento tramite la Camera di Commercio e il Tribunale di Pisa – conclude Bani –. Un professionista Occ (Organismo di composizione della crisi, ndr) individua la somma che può essere messa a disposizione del Tribunale. Se ci sono le condizioni il giudice emette sentenza, stralcia i vari debiti e nel giro di 4-5 anni, pagando una cifra concordata e sostenibile al mese, il soggetto si ripulisce da tutti i debiti che aveva».


 

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