Pisa, se ne va dal pronto soccorso dopo sei ore d’attesa in barella: cosa è successo e la risposta dall’Aoup
Ospedale: la protesta della famiglia di un anziano paziente che spiega tutti i passaggi avvenuti
PISA. È un tempo ragionevole un’attesa di sei ore in barella al pronto soccorso per un paziente non autosufficiente e con un quadro patologico complesso? Per l’azienda ospedaliera pisana sì, quanto meno se il codice assegnato al triage è verde (urgenza minore) o azzurro (urgenza differibile).
Non importa se il paziente in questione vi si sia rivolto su indicazione della professoressa Sara Garimberti, primaria di ematologia che lo aveva visitato il giorno precedente, dicendo di rivolgersi immediatamente al pronto soccorso alla comparsa di determinati sintomi, cosa poi effettivamente verificatasi.
La risposta alla famiglia
Lo scrive nero su bianco, il direttore dell’unità operativa “organizzazione dei servizi” dell’Aoup Rocco Damone, in risposta alla nota di protesta del figlio di un anziano non autosufficiente che, appunto dopo sei ore di attesa, d’accordo con il padre aveva optato per le dimissioni volontarie: «I tempi di attesa per la visita medica e per eseguire l’ecografia addominale sono in linea con quelli che si osservano presso il nostro pronto soccorso nel caso di pazienti che abbiano avuto assegnato all’ingresso quel codice di priorità» si legge, infatti, nella relazione firmata da da Damone in risposta alla famiglia.
Invero, il codice è cambiato strada facendo dato che alle 12,39 di giovedì scorso, quando il paziente è arrivato al triage, ne era stato assegnato uno con codice 4 (bassa priorità) , poi rivalutato e portato al codice 3 (urgenza differita) alle 14,50. Al netto dei dettagli, comunque, verte soprattutto attorno a quella domanda la vicenda verificatasi quattro giorni fa al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cisanello e resa nota dal figlio del paziente che ha diffuso il “carteggio” con l’azienda ospedaliera.
Cosa è successo
Perché le versioni dei fatti sono quasi coincidenti. «Intorno alle 12,30 mio padre entra da solo, mentre io arrivo intorno alle 13, ma solo alle 14,15 un’infermiera del cambio turno varia la numerazione di priorità, e mi dice che è necessario fare uno stick urinario» scrive, al riguardo, il figlio. «All’arrivo al triage, alle 12,39, ha ricevuto un codice di priorità bassa, che è stato rivalutato dagli infermieri alle 14,50 con assegnazione di codice 3 (urgenza differita) ed eseguito stick alle urine» conferma la relazione dell’Aoup.
«Intorno alle 16 andiamo in visita e si procede con gli esami del sangue» continua il figlio. «Ha eseguito visita medica alle 15,48, relievo ematico alle 16,07 e sono stati richiesti al laboratorio gli esami ematochimici» conferma nuovamente la relazione firmata da Damone. Che subito dopo aggiunge: «Alle 16,11 è stata richiesta l’ecografia addominale».
Si arriva alle 18. «Mi si dice che ancora non ci sono i risultati e che è stato richiesto anche un eco addome, che scopro in quel momento si debba fare – riprende il figlio. – Nel frattempo mio padre, stanco e provato da sei ore di barella, vuol staccarsi l’accesso venoso e andare via. Lo capisco e mi dirigo a chiedere le dimissioni volontarie». Tutto nuovamente confermato nella relazione dell’Aoup: «Ha richiesto la dimissione volontaria alle 18,11 lamentandosi dei “lunghi tempi di attesa”».
Emblematico anche il passaggio successivo: «Si fa presente che se il paziente avesse completato il percorso diagnostico-terapeutico, sarebbe stato possibile indirizzarlo al ricovero o rimandarlo alle cure del medico curante o specialista con precise indicazioni».
Insomma per l’Aoup basta aspettare ancora, dopo sei ore di attesa.
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