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Tasse

Massa, 10 milioni di euro non versati di Imu: come il Comune cerca di recuperarli


	Imu, il caso di Massa
Imu, il caso di Massa

Dal municipio inviati circa diecimila avvisi di accertamento, l’assessore: «Non dipende dall’ente l’effettivo pagamento da parte dei cittadini»

15 ottobre 2024
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MASSA. Oltre 10 milioni di euro. Per la precisione: 10 milioni e 115 mila euro. È la somma totale di Imu non versata al Comune di Massa dai contribuenti negli ultimi tre anni. Il municipio ha tentato il recupero inviando circa 10 mila avvisi di accertamenti (cioè l’atto mediante il quale l’ufficio notifica formalmente la pretesa tributaria al contribuente a seguito di un’attività di controllo sostanziale), alcuni dei quali andati a buon fine, altri no, altri ancora in corso. Numeri che parlano di un’evasione alta, seppur non così diversa dagli altri comuni toscani. Solo per fare un esempio, a Livorno devono essere recuperati 45 milioni di euro accumulati in 30 anni di Imu evasa.

L’imposta

L’Imu – acronimo di imposta municipale unica – è stata introdotta nel 2012 ed è a dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing. L’imposta è interamente destinata al Comune in cui l’immobile è situato, a eccezione dell’imposta relativa agli immobili a uso produttivo, come capannoni, alberghi, che invece vengono versati allo Stato.

I numeri

Il Comune di Massa, negli anni, ha cercato a più riprese di recuperare le somme. Nel 2022, sono stati inviati 4.036 avvisi di accertamento per un valore di circa 4.800.000 euro. Ne sono stati annullati per varie casistiche circa 700 per un valore approssimativo di circa 690.000. Ad oggi sono stati incassati 1.358.000 euro. I rimanenti avvisi notificati, non contestati e non pagati (per un valore di circa 2.800.000 euro) sono stati oggetto di sollecito e verranno inviati all’Agenzia delle entrate riscossione. Nel 2023 sono stati inviati 3.360 avvisi per un valore di circa 4. 250. 000 euro. Gli avvisi annullati per varie casistiche ammontano a 380 per un valore di circa 385.000 euro. Sono stati incassati 950.000 euro. Nel 2024 sono stati inviati (fino ad oggi) circa 1.400 atti per un totale di circa 5.200.000 euro. Ne sono stati annullati solo 80 per un valore di circa 320.000 euro. L’incasso è di circa 480.000 euro.

Pochi annullamenti

L’assessore al Bilancio, Marco Mercanti, fa notare che «ciò che preme mettere in evidenza è la tendenziale bassa percentuale di annullamenti effettuati rispetto al numero complessivo di avvisi emessi; a tal fine si ricorda che compito principale dell’ente è emettere avvisi di accertamento il più possibile legittimi, corretti e privi di contestazioni, con una percentuale di errore tendente alla diminuzione. Il numero degli atti emessi e il loro relativo importo dipende da una molteplicità di fattori che esulano dalla volontà dell’ufficio: può essere che l’analisi di una annualità tributaria porti un maggior numero di avvisi emessi, ma un importo più basso in termini economici, così come l’esatto contrario. Così come non dipende dalla volontà – chiarisce – e capacità dell’ente garantire l’effettivo pagamento da parte dei cittadini: il fine dell’ente è, infatti, emettere un atto legittimo e corretto; se poi il contribuente, per una varietà di motivi, non paga, si dovrà andare avanti con la procedura esecutiva. In sostanza, l’indirizzo che viene seguito è quello di privilegiare una sempre migliore qualità in termine di legittimità e correttezza degli avvisi emessi cercando di limitare il margine di errore, accompagnato da un accorciamento dei tempi della riscossione».

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