Lucca, incitava i consumatori a fare causa: consulente condannato a risarcire
Conto di 50mila euro, riconosciuto il danno reputazionale a una società di gas e luce
CAPANNORI. La campagna martellante di un consulente durata anni per informare i consumatori della possibilità di ottenere indietro soldi spesi senza motivo, dopo aver sottoscritto contratti per luce e gas, in realtà era un’aggressione priva di fondamento alla reputazione commerciale della società di servizi del nord Italia. E tra post e video sempre più veementi nel denunciare presunti contratti onerosi, ma su basi non veritiere, quel comportamento si è tradotto in una condanna a un risarcimento danni di oltre 50mila euro (spese di lite comprese) e a pagare la pubblicazione della sentenza su un giornale nazionale e su Quotidiano Energia, rivista di settore specializzata su temi energetici.
È la storia approdata sul tavolo del giudice del Tribunale di Lucca, Silvia Morelli quella che ha messo in luce un’attività di consulenza degenerata in danno reputazionale. Un pressing iniziato nell’ottobre 2020. Nella sentenza viene anche imposto – con una penale di 500 euro per ogni violazione – lo stop a qualunque intervento, con qualsiasi mezzo, contro la società danneggiata da parte del consulente.
Il piccolo imprenditore, titolare di una ditta individuale e che ancora oggi fornisce servizi di consulenza indicando come sedi Londra e Roma, secondo l’accusa quattro anni fa con la sua attività aveva spinto diversi consumatori a scrivere alla società a cui si erano rivolto per cambiare gestori di luce o gas. Le richieste avevano tutte lo stesso oggetto: “Recupero indebiti” . All’epoca la ditta del 66enne aveva sede a Verciano. Ai consumatori diceva che avevano stipulato contratti irregolari «e che la circostanza sarebbe stata accertata da una sentenza del Tribunale di Milano proponendosi per una consulenza gratuita al fine di valutare la possibilità di recuperare somme versate illegittimamente al fornitore». Le diffide non sono servite a bloccare le comunicazioni ritenute denigratorie e veicolate su Facebook, Twitter e YouTube a cura del consulente che sul suo sito scrive: «La nostra società non propone in alcun modo la sottoscrizione di contratti di fornitura alternativi a quelli da voi stipulati, ma un esame gratuito delle condizioni economiche e contrattuali poste alla base dei vostri contratti di fornitura, al fine di evidenziare nullità e/o irregolarità che hanno arrecato e continuano tuttora ad arrecarvi grave pregiudizio economico, ponendo in essere un’attività diretta al recupero di quanto illegittimamente richiesto e da voi corrisposto».
Rimasto contumace nel procedimento civile, il consulente non ha argomentato quelle che potevano essere le sue tesi difensive. Il giudice, analizzata la mole documentale fornita dalla società finita nel mirino, ma che non ha subìto un calo di fatturato per le pubbliche intemerate del 66enne, è arrivato alla conclusione che «dalle evidenze disponibili non emerge in alcun modo che (la società, ndr) abbia maggiorato gli oneri di dispacciamento e/o posto in essere contratti irregolari e perciò affetti da nullità, né vi è prova alcuna che vi siano stati accertamenti in tal senso da parte delle autorità. Le comunicazioni in esame devono ritenersi illecite in quanto lesive dell’immagine e della reputazione commerciale». E il conto di oltre 50mila euro viene spedito al consulente che istigava i consumatori contro la società. l