Melani-Fossati corsi e ricorsi e quelle analogie col Livorno dell’84
Due tecnici uniti dalla stessa sorte
LIVORNO. Sapete Giambattista Vico come spiegherebbe la storia che stiamo per raccontare? Che non è una semplice coincidenza, ma ciò si verifica in base a un preciso disegno voluto dalla divina provvidenza. Insomma, l’intreccio tra Renzo Melani e Fabio Fossati, il Livorno del 1984 e quello di adesso, farebbero parte dei famosi "corsi e ricorsi storici", teoria alla quale il filosofo napoletano, d’inizio 700, dedicò tanti anni di studi.
Chiamale, se vuoi, coincidenze
In effetti, riflettiamo: Il Livorno di quaranta anni fa esatti - che seguivo in casa e trasferta - voleva tornare in C1, dalla C2 e ci riuscì. Il tecnico Renzo Melani, contro il Savona, la partita prima dello scontro diretto di Alessandria fu espulso all’88’ a causa di un arbitro, tale Mellino di Crotone, che ne combinò di cotte e di crude ma vincemmo ugualmente: 1-0. Anche Fabio Fossati, contro la Pianese, ha pagato lo scotto di un fischietto inadeguato: Esposito di Napoli, dirige a senso unico, poi non estrae il rosso per un fallaccio proprio sotto gli occhi del tecnico ligure che perde la bussola (62’) e a pagare è lui: non potrà essere in panchina nello scontro diretto a Gavorrano. Nel 1984 era l’11 febbraio (Fossati è nato il 12 febbraio ’72), contro la Pianase il 10 marzo: due tecnici uniti dalla stessa sorte, con le squadre al vertice. Giambattista Vico, forse, non aveva torto.
Melani, Fossati e le ingiustizie
Renzo Melani ci riflette un attimo: «Questa storia che mi accomuna a Fossati è veramente incredibile. Intanto ho visto la partita in tv (era in missione, ndr) e avrei perso la testa anch’io con quell’arbitro che non ha sanzionato dure entrate degli avversari ed ha sfidato lo stadio: il Livorno non vuole regali ma neppure ingiustizie e avrebbe meritato di vincere contro la Pianese».
Le mie guardie del corpo
Rientriamo nella macchina del tempo. Il 19 febbraio ’84 il Livorno è di scena al "Moccagatta" contro l’ Alessandria: 4a di ritorno, scontro diretto, 8mila spettatori, mille da Livorno con il "treno amaranto" con due bidoni di ponce: uno al sassolino, l’altro al rum, regalo del povero Mario Bianchi, titolare del bar Stadio. Renzo Melani deve seguire la partita alla rete di recinzione per la squalifica. Per evitare che qualche alessandrino lo disturbi è attorniato da un gruppo di tifosi livornesi, quasi tutti del club Magnozzi. «Ero tesissimo - ricorda Renzo - al mio fianco c’erano anche due portuali grossi come una casa. Uno che, lo ricordo bene, quando urlava metteva in mostra un dente d’oro...». Attorno al tecnico, Galatolo, Biagiotti, Carboncini, Polini, Ceccarini, anche i compianti Paci, Nassi, Carpigiani e Trocar che svenne al primo gol di Palazzi facendo tenere il peggio. C’era anche Claudio Bartoli, ex ultrà, che ricorda: «Giornata memorabile, Melani guidò tranquillamente la squadra anche dalla rete. Noi eravamo in contatto con altri amici; se ce ne fosse stato bisogno sarebbero accorsi...». Melani diresse attraverso il suo secondo Enrico Maccanti. La mossa vincente di Renzo fu l’inserimento dall’inizio del mediano Finetto (per il terzino Tognarelli) per neutralizzare il mediano Sgarbossa. Palazzi sbloccò al 13’, poi raddoppiò al 51’ e all’84’ completò l’opera Araldi: 3-0. Alessandria annichilita, il cui tecnico - guardacaso - si chiamava Fossati, ma di nome faceva Natalino, ex forte difensore del Toro ai tempi di Gigi Meroni, Claudio Sala e Aldo Agroppi ma cresciuto nel Genoa (squadra della città del nostro Fossati).
La stagione dei miracoli
Quella dell’83-84 era proprio una super squadra: terminò imbattuta e subì appena 7 reti. Era un altro calcio: due punti a vittoria, due sostituzioni, si giocava a uomo e c’era il libero (che era Alberto De Rossi, babbo di Daniele). Il Livorno chiuse primo a 50 punti, davanti a Asti (46) e Alessandria (41). Il portiere Grudina, Casarotto (marcatore), Tognarelli (terzino di spinta) e De Rossi furono i perni e i più più presenti. Bravi i centrocampisti Berlini, De Poli, Ilari, Finetto e Pontis. Ottimi gli attaccanti Palazzi (poi per vent’anni secondo di Serse Cosmi), Araldi e Meloni e il giovane Tano Salvi. Strepitoso il tornante Villanova. Utilissimi Maccanti e Bertini (difensori), Paoli (attaccante, livornese) e Beni (portiere).
Livorno sopra tutti
Melani ha vinto sette campionati (tre con la Rondinella, poi Livorno, Lucca, Alessandria e Prato (2002-03) dove era diesse ma poi affiancò il tecnico Bicchierai su input del presidente Andrea Toccafondi, il figlio del quale, Paolo, era ottimo portiere della squadra). «Ma le soddisfazioni più belle - sottolinea - le ho vissute a Livorno. Perché c’è un pubblico straordinario, tanta voglia di calcio e tanto entusiasmo che non ho più ritrovato in altre piazze".
Fabio stai dietro la panchina
Melani non ha dubbi: «Dirò a Fabio di stare dietro la panchina, per essere più rapido nei dialoghi con il suo vice Roberto Correale. E’ vero, a Gavorrano c’è poco spazio, ci saranno i tifosi avversari a ridosso, ma avrà certamente qualcuno di Livorno che lo proteggerà (tifosi già mobilitati in questo senso, ndr) e gli permetteranno di fare tranquillamente il proprio lavoro». L’anno della promozione del 1984 l’attuale allenatore amaranto Fabio Fossati, aveva appena 12 anni, il suo vice Roberto Correale 3 e Luca Mazzoni nacque a campionato in corso (29 marzo 1984), Andrea Luci, un anno dopo: 30 marzo 1985. Forza, ora tocca a voi scrivere un’altra pagina di storia amaranto da ricordare.
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