Libeccio record, i bagni Pancaldi sventrati dal mare: «Strappato il cemento armato» – Video
Viaggio nello storico stabilimento di Livorno il giorno dopo il vento a 125 chilometri all’ora. Bonaventura: «In un mese danni per 700mila euro, mai vista una furia così»
LIVORNO. Le 10 e mezzo di domenica mattina. Il giorno dopo la libecciata record – 125 chilometri all’ora, un vento così forte non picchiava dal 29 dicembre 1999 quando la tempesta Martin in città toccò i 140kmh come ha ricordato il meteorologo Lorenzo Catania – sul lungomare tra la Bellana e San Jacopo la vita sembra tornata alla normalità. L’immagine di cinque ragazzi che surfano davanti alla punta di Acquaviva godendosi la scaduta di ponente lo racconta bene, insieme ai tavolini pieni di gente della Baracchina Bianca.
Ma in tanti stanno contando i danni. I più colpiti dalla mareggiata sono i bagni Pancaldi, che sabato sono stati completamente allagati e dove la potenza delle onde ha distrutto muretti, panchine, cabine, mangiandosi il cemento armato in più punti.
L’isola Pancaldi
C’è un’immagine bellissima firmata Andrea Dani, scattata sabato dall’hotel Palazzo, che dà un tocco di poesia alla potenza flagellante del mare: qualcuno l’ha intitolata “isola dei Pancaldi” e mostra – come si vede a fianco – l’antica struttura balneare in mezzo alle acque, ricordando l’effetto che l’alta marea dell’oceano regala a luoghi incantati della Francia del nord come Mont Saint Michel o le fortezza davanti a Saint Malo. Ma dietro al lato romantico, purtroppo, c’è un dramma economico.
700mila euro di danni
Dentro i Pancaldi, Piero Bonaventura, titolare dello stabilimento insieme alla famiglia, è al lavoro da 24 ore per coordinare un gruppo di collaboratori che stanno cercando di sistemare quel che si può. «Stasera abbiamo un evento dentro palazzo Pancaldi, bisogna andare avanti», dice.
«Una mareggiata così non la ricordiamo nella storia», racconta Bonaventura. «Anche mio padre Giorgio (storico patron del bagno, ndr) mi ha detto di non aver mai visto una violenza del genere». Perché sabato non c’era solo il vento a caricare le onde, ma la situazione di partenza di un’alta marea inedita ha esasperato il quadro, rafforzando la potenza del mare, e i Pancaldi, che sono lo stabilimento meno protetto, così come la Terrazza Mascagni, sono stati invasi, sovrastati, finendo per diventare scudo e protezione del viale Italia.
«La mareggiata del 2 novembre ci aveva fatto danni per 300mila euro, ora da una prima stima siamo attorno ad altri 400mila», dice Bonaventura al sindaco Luca Salvetti che ha voluto fare un sopralluogo sullo stabilimento accompagnato dai giornalisti. «Purtroppo – aggiunge – non ci sono assicurazioni, non esistono».
Macerie ovunque
Il percorso tra Pancaldi e Acquaviva è un viaggio tra le macerie. «Guardate queste panchine di metallo, hanno fatto decine di metri portate qui dall’acqua», racconta Bonaventura indicando alcune panche che dalla zona del bar sono arrivate fino al vialetto dove un tempo c’era la sala giochi. Davanti al bar c’è una lastra di cemento, staccatasi non si sa da dove. E vicino un blocco di muro, lungo quasi un metro. «Era una panchina in muratura, attaccata alla punta Pancaldi, l’acqua l’ha staccata e l’ha portata fin qui», dice Bonaventura.
Godzilla ad Acquaviva
Ma i danni peggiori il mare li ha fatti nella zona di Acquaviva. Il gabbione devastato, visto da vicino, è impressionante. “Sembra che sia passato Godzilla”, dice qualcuno. E l’immagine rende perfettamente. Il muro in cemento armato e la rete in ferro verde che per 70 anni hanno retto a migliaia di pallonate, centinaia di mareggiate e a tonnellate di salmastro sono stati strappati da terra e spostati di metri. La rete è piegata. Il tappeto in erba sintetica alzato e piegato sul lato opposto.
Sulla punta di Acquaviva l’inferriata che regge le tende è piegata su se stessa. Poco più in là un masso gigantesco, di quelli usati come frangiflutti per proteggere il moletto di fronte alle cabine, è stato sollevato e portato quasi sul muretto.
I tetti delle cabine, in quella zona di Acquaviva, sono sollevati, quasi staccati dalle pareti. Quelli che fanno da pavimento al bordo piscina invece non esistono più: sventrati. E anche qui l’immagine da sola trasmette più di mille parole la forza con cui il mare si è abbattuto sulla città.