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Manifesto di Ventotene, cos’è il documento scritto nel 1941 e come lo ha definito Giorgia Meloni alla Camera – Video


	Giorgia Meloni e la prima copia del Manifesto di Ventotene
Giorgia Meloni e la prima copia del Manifesto di Ventotene

Uno degli elementi su cui si è soffermata la premier è il riferimento nel Manifesto a un «partito rivoluzionario» e alla «dittatura» necessaria per avviare il cambiamento

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Le dichiarazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, mercoledì 19 marzo, in aula, contro il Manifesto di Ventotene non sorprendono, considerando l’orientamento nazional-conservatore del suo partito.

Il documento

Il documento, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, ha infatti una chiara impronta federalista e socialista, ponendosi in contrapposizione con l’idea di Stati nazionali sovrani. Tuttavia, l’attacco di Meloni sembra fondarsi su una lettura parziale e decontestualizzata, con citazioni estrapolate senza considerare la successiva evoluzione politica del Movimento federalista europeo (Mfe).

La premier

Uno degli elementi su cui si è soffermata la premier è il riferimento nel Manifesto a un «partito rivoluzionario» e alla «dittatura» necessaria per avviare il cambiamento. Tuttavia, già nel 1943, con la fondazione dell’Mfe, Spinelli stesso riconobbe la necessità di superare questa impostazione, optando per un movimento ampio e trasversale, capace di unire le diverse forze antifasciste con l’obiettivo di un’Europa unita e libera. Anche Eugenio Colorni, nella sua prefazione al Manifesto del 1944, ribadiva questa prospettiva, ridimensionando le idee più radicali contenute nel testo originale.

L’analisi

Per comprendere davvero la portata del Manifesto di Ventotene, è essenziale calarlo nel suo contesto storico. Spinelli e Rossi lo scrissero mentre erano confinati sull’isola di Ventotene per la loro opposizione al regime fascista. Il primo, ex comunista espulso per aver criticato le purghe staliniane, e il secondo, esponente di Giustizia e Libertà, concepirono il documento in un’epoca in cui l’Italia era sotto il giogo della dittatura e gran parte dell’Europa dominata dalla Germania nazista. Il Manifesto metteva in guardia dal rischio che, anche dopo la caduta dei regimi totalitari, la restaurazione dei vecchi Stati nazionali potesse condurre a nuovi conflitti. Per questo, proponeva la creazione di una federazione europea, con un sistema politico ed economico integrato, capace di prevenire rivalità e tensioni tra nazioni.

Il testo

Se è vero che il Manifesto aveva un’impronta socialista, come ha sottolineato Meloni, è altrettanto vero che la sua visione non era rigidamente statalista. Il testo proponeva un modello economico in cui la proprietà privata potesse essere regolata, ampliata o limitata in funzione dell’interesse collettivo, un principio poi ripreso anche nella Costituzione italiana. Inoltre, Spinelli e Rossi criticavano apertamente il comunismo sovietico, denunciandone il rischio di una dittatura burocratica sull’intera popolazione. Richiamarsi al Manifesto di Ventotene oggi non significa accettarlo in ogni suo dettaglio, ma riconoscerne il valore storico e l’intuizione di fondo: l’idea di un’Europa unita come antidoto ai conflitti tra Stati. Anche Spinelli, nelle sue memorie, ne evidenziava limiti e ingenuità, senza però metterne in discussione l’essenza. Per questo, etichettarlo semplicemente come un documento di ispirazione comunista è fuorviante. Spinelli, infatti, sostenne il Piano Marshall nel 1947 per favorire la cooperazione tra gli Stati europei e, nel 1978, votò a favore del Sistema monetario europeo, in contrasto con il Partito Comunista Italiano di Berlinguer, che invece si oppose. Se è legittimo criticare il Manifesto da una prospettiva nazionalista o liberista, ridurlo a un semplice bersaglio polemico a oltre ottant’anni di distanza appare anacronistico. Il suo significato va valutato nella giusta ottica storica, senza distorsioni dettate dall’attualità politica.

Le parole di Meloni

«Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia». Sono queste parole della premier Giorgia Meloni, che si è rivolta alle opposizioni alla Camera, citando il Manifesto di Ventotene nel corso della discussione in vista del Consiglio Ue. Meloni ha messo in dubbio l’interpretazione del testo da parte di chi lo richiama nei dibattiti politici, definendone alcuni passaggi «spaventosi». 

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