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Grosseto, le zanne riemerse dalla preistoria restano sepolte in un magazzino: perché nessuno può vederle

di Elisabetta Giorgi

	Il ritrovamento delle zanne a Poggetti vecchi nel 2012
Il ritrovamento delle zanne a Poggetti vecchi nel 2012

Scoperte a Poggetti Vecchi, sono nei locali della Soprintendenza e sono state esposte una sola volta

23 ottobre 2024
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GROSSETO. L’eccezionale campagna di scavo fu resa nota tra 2012 e 2013 e catapultò la Maremma sotto i riflettori mondiali. Alla ribalta finì Poggetti Vecchi, luogo speciale dove, fin dalla notte dei tempi, sgorgava una sorgente d’acqua calda. Oltre 170.000 anni fa, ai piedi di questa piccola altura che spicca dalla pianura a nord di Grosseto fra i monti di Vetulonia e il colle di Roselle, era attivo un piacevole e caldo ambiente dove elefanti e Neanderthaliani avevano trovato un’oasi in cui rifugiarsi, mentre il rigore della penultima era glaciale cominciava a farsi sentire. Per gli elefanti però, un’intera famiglia di Paleoloxodon antiquus (esemplari alti 4 metri al garrese e pesanti 8-10 tonnellate), l’area termale si trasformò in una trappola letale dove gli esemplari morirono forse di "inedia", quando il cibo si esaurì. Il gruppo di Neanderthaliani, che controllava la valle per la caccia e raccolta, si trovò a disposizione un bottino inaspettato e macellò le carcasse di elefanti utilizzando i tanti strumenti in pietra e legno, rimasti poi sul posto insieme ai resti di elefante.

La scoperta

Il signor Aldo Ceccarelli, proprietario del terreno di Poggetti Vecchi che 12 anni fa aveva iniziato i lavori (tuttora in corso) nella sua proprietà per creare un’area termale aperta al pubblico, dovette bloccare subito le ruspe trovandosi al cospetto di una scoperta colossale dove entrò subito in campo - comprendendone la portata colossale - una grossa équipe di ricerca multidisciplinare. Tutto diretto dai funzionari della Soprintendenza, Gabriella Poggesi e Biancamaria Aranguren e condotto tra gli altri - grazie all’impegno finanziario del proprietario del terreno, Aldo Ceccarelli - dagli archeologi preistorici Giuditta Grandinetti e Floriano Cavanna, con l’ausilio del Gruppo Speleologico Naturalistico Maremmano. Il ritrovamento più importante fu rappresentato da una serie di strumenti in legno che eccezionalmente si erano conservati grazie alle particolari condizioni umide del sedimento: un’innumerevole quantità di reperti tra cui bastoni lunghi più di un metro l le cui estremità lavorate formavano un’impugnatura da una parte e una punta smussata dall’altra.

La scoperta ebbe un’eco internazionale, non solo per le gigantesche zanne di elefante preistorico ma anche e soprattutto per questi eccezionali reperti lignei il cui studio fu sempre coordinato da Aranguren, insieme all’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. I bastoni di legno "di bosso", estremamente duri, erano stati fabbricati utilizzando il fuoco. Ne conseguì che i Neanderthaliani che frequentavano Poggetti Vecchi erano in grado ben 170.000 anni fa di controllare il fuoco, alimentarlo e usarlo come strumento per la lavorazione di altre materie prime.

Le zanne nei magazzini

Cosa ne è stato poi di queste scoperte mondiali avvenute a pochi chilometri da Grosseto? Il restauro fu condotto dalla Cooperativa Atlante sotto la supervisione dei tecnici del Mibact Simona Pozzi e Salvatore Caramiello. Nel 2019 le zanne furono esposte a Grosseto per la Notte visibile della cultura, per il resto sono state "chiuse" nei magazzini. Fino a pochi mesi fa all’ultimo piano delle Clarisse, in via Vinzaglio. Poi sono state trasferite nei locali della Soprintendenza in via Inghilterra dove sono tuttora in buona compagnia, insieme a tantissimi altri reperti. In pratica cercano ancora una sede espositiva aperta al pubblico: non blindata, ma che si presti a far ammirare ritrovamenti che potrebbero dare enorme lustro al territorio. La sede potrebbe essere - come da più parti è auspicato da anni - il Museo di storia naturale di strada Corsini/piazza Pacciardi, se solo fosse possibile. Il Museo non ha spazi per ospitare le zanne e il progetto di ampliamento, in piedi da tempo, non è mai stato attuato dal Comune. Per i reperti al momento non c’è altra prospettiva che restare chiusi in via Inghilterra, dove comunque sono ben custoditi.

La mostra a Firenze

Per quanto riguarda i resti lignei, finora custoditi a Firenze, la novità è che sta per aprirsi una mostra evento di eccezionale importanza. Sempre a Firenze. Curata sempre da Biancamaria Aranguren con Silvia Florindi, Daniele Federico Maras, Daniela Puzio e Anna Revedin, è dedicata proprio al sito preistorico di Poggetti Vecchi. Visitabile fino al 12 gennaio 2025, viene inaugurata domani alle 18 e prevede due sezioni distinte presentate in due sedi diverse nel centro di Firenze.

La prima sezione, "Ambiente e risorse", trova spazio al Museo di Antropologia e Etnologia e presenta le scoperte effettuate nel sito di Poggetti Vecchi con ricostruzioni ambientali «che - spiegano i curatori - ci faranno entrare in quel mondo lontano, anche grazie all’utilizzo di tecnologie digitali e di copie 3D di reperti mai esposti prima al pubblico. Sarà possibile ai più giovani e agli studenti delle scuole accostarsi allo studio di un periodo lontanissimo del nostro passato. I visitatori potranno toccare con mano la riproduzione fedele di uno degli straordinari e fragilissimi reperti lignei».

Di notevole rilevanza la seconda sezione "Una tecnologia sostenibile", esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze e nella quale «verranno esposti per la prima volta in anteprima mondiale alcuni dei manufatti lignei originali di Poggetti Vecchi, miracolosamente conservatisi per 170.000 anni grazie a condizioni ambientali stabili e in assenza di ossigeno. Si tratta di strumenti di lavoro realizzati con una nuova, rivoluzionaria tecnologia: l’uso del fuoco come mezzo di lavorazione del legno. Un’innovazione che sarebbe divenuta poi essenziale per l’evoluzione umana. Finora questi reperti rarissimi e delicati non sono stati mai esposti al pubblico a causa della loro estrema fragilità. L’esposizione nel museo fiorentino sarà un’occasione speciale - più unica che rara - per riscoprire lo stile di vita dei primi Toscani (Neanderthal) al tempo del cambiamento climatico, prima che i reperti vengano di nuovo messi al sicuro per conservarli in attesa della loro futura musealizzazione definitiva».

La mostra è organizzata dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, che celebra il suo 70° anniversario in collaborazione con il Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Firenze e con il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, in accordo con la Direzione Regionale Musei Nazionali della Toscana, e con il contributo di Regione Toscana e Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. L’evento rientra nelle celebrazioni per il Centenario dell’Università degli Studi di Firenze. 

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