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La rinascita di Matteo, dieci anni fa l'incidente e poi il coma: «Volevo solo morire, oggi ho capito che voglio vivere»

di Matteo Scardigli
La rinascita di Matteo, dieci anni fa l'incidente e poi il coma: «Volevo solo morire, oggi ho capito che voglio vivere»

Il gioielliere di Grosseto racconta il trauma al risveglio, le difficoltà, le persone che lo hanno aiutato e il difficile ma felice ritorno al lavoro nonostante la parte sinistra del corpo non funzioni

23 settembre 2024
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GROSSETO. Dieci anni fa il terribile schianto in moto, poi 20 giorni di coma e il risveglio con una emiparesi completa: «Quando mi sono svegliato volevo morire. Ora voglio vivere». Erede – insieme ai tre fratelli (Marco, Michele e Simone) – della storica attività di gioielleria fondata dal padre Marcello a metà anni Ottanta, Matteo Stoppa racconta la sua lunga rinascita; che lo ha trasformato in un simbolo dell’Inail.

L'incidente con la moto appena comprata

È il 26 agosto del 2014, un sabato. Matteo Stoppa percorre via Fattori in sella alla sua Bmw R che si è regalato qualche mese prima, per il suo 37esimo compleanno (insieme a una bicicletta), tornando a casa dal negozio di Follonica. All’improvviso un Suv sbuca dall’aiuola spartitraffico. Lui frena, ma neanche il sistema anti bloccaggio può impedire l’impatto.

«Embolia cerebrale, doppia frattura esposta e scomposta al braccio sinistro: la mano era rimasta attaccata per un filo», ripete; perché i suoi ricordi cominciano quasi un mese dopo, quando riapre gli occhi.

I danni al cervello

Ciò che è successo nel frattempo glielo hanno raccontato: «Fui soccorso da un’ambulanza che passava di lì per motivi di servizio sociale, portato al Misericordia e subito trasferito in elicottero a Siena, dove fui operato solo grazie alla tenacia del neurochirurgo Giuseppe Oliveri (che ringrazio infinitamente)».

Nello scontro il cervello ha fatto tilt, la metà sinistra del suo corpo è “disconnessa”. Non potrà più prendere in braccio i figli piccoli, addio ad anni di studio all’accademia in Piemonte: impensabile continuare a fare un lavoro in cui la precisione è requisito fondamentale.

È qui che confessa l’inconfessabile. Ed è qui che inizia la sua storia con Inail: «Mi venne riconosciuto l’incidente in itinere, e grazie al progetto sviluppato dai miei fratelli insieme alla mia straordinaria assistente sociale, Milena Tulipano, l’Istituto mi ha fornito nuove strumentazioni per la bottega e dispositivi per la casa, oltre a contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche».

La neuroriabilitazione è tutt’altro che facile, ma lentamente «grazie al mitico Mauro Mancuso» Stoppa impara un nuovo modo di vivere; e torna a creare, alla sua postazione nel negozio di corso Carducci, raffinate incisioni per i più prestigiosi committenti della provincia.

La voglia di vita

La storia di Matteo Stoppa tenne la città col fiato sospeso, e tanti aspetti della vicenda che si è aperta con il suo incidente non hanno ancora trovato una chiusura. Ma il suo vissuto è già un esempio, che Inail ha inteso portare – solo pochi giorni fa – sul palco del quarto incontro del ciclo promosso dal direttore generale Marcello Fiori per un confronto con istituzioni, parti sociali, personale e portatori di interesse.

Il caso, forse, ha voluto che solo alcune settimane prima, rievocando quei mesi terribili insieme alla mare Rossana Scheggi, Stoppa si è accorto che qualcosa era cambiato: «Durante la riabilitazione non mi sono mai sentito padrone del mio “nuovo corpo”. Almeno fino a oggi. Mamma è stata la prima persona a cui l’ho detto: «Ora voglio vivere».
 

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