Firenze, pezzo di metallo dimenticato nel cranio: ospedale condannato a risarcire
Durante un intervento maxillo-facciale il chirurgo lasciò la punta di una fresa nell’osso sopra l’occhio destro: conto di 130mila
FIRENZE. Salva per miracolo dopo uno spaventoso incidente stradale in auto avvenuto nel 2002 tra Firenze e Siena, una giovane all’epoca 29enne venne sottoposta al Cto di Careggi a numerosi interventi chirurgici durante i quali i medici furono costretti anche a procedere con l’amputazione di un braccio. La donna si salvò. Solo che in una delle operazioni effettuate per ricomporre le numerose fratture tra cranio e viso, il chirurgo maxillo-facciale dimenticò nella testa della paziente la punta di una fresa utilizzata per sistemare un osso all’altezza dell’occhio destro.
Dopo un primo risarcimento per poco meno di 30mila euro, ora la Corte d’Appello, accogliendo il ricorso della donna, ha condannato in solido Cto e professore a versare alla paziente oltre 130mila euro. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto un danno biologico differenziale dovuto soprattutto allo stress psicologico con cui la donna, già pesantemente colpita nel fisico per le lesioni permanenti, deve convivere sapendo di avere nella testa un corpo estraneo che non potrà mai essere rimosso. E neanche potrà sottoporsi a risonanze magnetiche. Fu proprio una Rm nel 2010 a far scoprire alla donna la presenza millimetrica metallica non spiegabile sul momento. Poi si capì che era la punta di una fresa utilizzata in uno degli interventi. Pacifico per la Corte d’Appello l’errore medico. Così come è assodato che la fresa non ha comportato alla paziente nessuna invalidità temporanea, né assoluta, né parziale. Quello che viene accertato è il disturbo d’ansia dovuto alla scoperta del corpo estraneo con cui dovrò convivere per sempre. Si legge nella sentenza che «la scoperta del corpo estraneo è stato solo l’ evento terminale nella sequenza dei vissuti traumatici subiti dalla perizianda. Per usare le parole della perizianda, la scoperta del corpo estraneo “è stata il “colpo di grazia”».
E ancora: «Dunque i postumi in concreto patiti dalla donna come conseguenza della negligente condotta dei sanitari sono stati ben più gravi rispetto a quelli che la paziente avrebbe patito in assenza delle pregresse menomazioni».
La Corte d’Appello mette in evidenza che dopo quello che la donna ha subìto, e che la rende menomata a vita, sapere che si sono dimenticati in un osso un pezzo di uno strumento chirurgico è un tormento ulteriore di cui non aveva certo bisogno. «Appare infatti evidente che lo stato ansioso derivante dalla consapevolezza della presenza di un corpo estraneo nel cranio, ha comunque sicuramente avuto un impatto più dirompente in un soggetto già provato da gravi menomazioni fisiche – scrivono i giudici d’appello - attinto da plurime amputazioni e gravemente deturpato da estese cicatrici anche al volto, piuttosto che se avesse riguardato un soggetto del tutto sano». La paziente è stata sottoposta a perizie anche di natura psicologica. Il suo stato d’animo dopo l’incidente è andato peggiorando. Le prospettive di non essere in grado di gestire famiglie e figli sono sempre più affievolite. I consulenti del Tribunale fiorentino alla voce danno estetico, dopo aver elencato le lesioni a carico della donna a causa dell’incidente, aggiungono che «congiuntamente alle plurime amputazioni subite dalla paziente certo sono sintomatiche di una intensa componente emozionale e di sofferenza. È quindi di tutta evidenza che in un quadro del genere l’aggiunta di uno stato ansioso correlato alla scoperta di un corpo estraneo rimasto all’interno della testa all’esito di uno degli interventi chirurgici è suscettibile di esprimere un livello di lesione in concreto ben più elevato rispetto alla medesima lesione sofferta da un soggetto sano».