Firenze, bimba di quasi 2 anni ingerisce una pila: salvata al Meyer. È il quarto caso in poche settimane
Un nuovo caso e ora i medici lanciano l’allarme: «Incidenti di questo tipo stanno diventando troppo frequenti. Prestate la massima attenzione: se ingerite, le pile sono oggetti pericolosissimi per i bambini»
FIRENZE. Dopo l’allarme lanciato appena una settimana fa, in Toscana si è verificato un altro caso di ingestione accidentale di una pila a bottone. Martedì scorso una bambina di un anno e undici mesi è arrivata all’ospedale pediatrico Meyer dopo aver ingoiato una pila: è il quarto incidente di questo tipo negli ultimi due mesi.
Per fortuna stavolta gli accertamenti clinici hanno rivelato che il corpo estraneo era arrivato fin nello stomaco, una posizione ritenuta non rischiosa. Dopo due giorni, la piccola ha espulso naturalmente l’oggetto e ha potuto essere dimessa.
Un oggetto pericoloso
Le pile sono oggetti molto pericolosi e se si fermano all’interno dell’esofago possono provocare tre tipologie di danni: elettrico, meccanico e chimico. In primo luogo, in una cavità così ristretta quale è quella dell’esofago, l’anodo e il catodo presenti nella pila si attivano e in tempi rapidissimi sono capaci di lesionare gravemente le mucose delle pareti, provocando ulcerazioni anche molto estese. A questo si aggiunge la possibile perdita di acido con conseguenze ancora più gravi. Una settimana fa un’altra bambina di un anno ha rischiato la vita ed è stata salvata grazie alla collaborazione tra i medici del Meyer e dell’Ospedale del cuore di Massa. Per lei è stato necessario un complesso intervento chirurgico e un ricovero nella terapia intensiva della Rianimazione dell’Ospedale del cuore di Massa. Lo scorso novembre una bambina è deceduta e un altro bimbo è stato fortunatamente salvato. I medici del Meyer tornano a invitare i genitori a prestare la massima attenzione: “Incidenti di questo tipo stanno diventando troppo frequenti. Prestate la massima attenzione: se ingerite, le pile sono oggetti pericolosissimi per i bambini”.