Il Tirreno

Firenze

Il processo

Amanda Knox condannata a Firenze per calunnia nei confronti di Lumumba

di Matteo Leoni

	L'arrivo di Amanda Knox in tribunale a Firenze
L'arrivo di Amanda Knox in tribunale a Firenze

Dichiarazioni spontanee prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio. I difensori hanno annunciato l’intenzione di impugnare la condanna in Cassazione

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FIRENZE. Era arrivata a Firenze per gridare al mondo la sua innocenza, convinta che sarebbe stata assolta, ma così non è stato. La corte di appello ha condannato Amanda Knox a tre anni di reclusione per la calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, coinvolto nel delitto di Meredith Kercher a causa delle dichiarazioni da lei fatte alla polizia e poi prosciolto.  «Non me l’aspettavo, sono molto delusa» ha detto Knox ai suoi legali al momento della lettura del dispositivo, per poi scoppiare a piangere e abbandonare il Palazzo di giustizia evitando i microfoni. 
Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio aveva rilasciato dichiarazioni spontanee: «Chiedo umilmente alla corte di dichiararmi innocente». L’imputata ha precisato che la notte dell'interrogatorio, quella del 5 novembre 2007 quando accusò Patrick Lumumba di aver ucciso Meredith, «la polizia mi disse che dovevo ricordare e io ho obbedito e ho ricordato quello che non riuscivo a ricordare, ero stata costretta a sottomettermi. Ero terrorizzata, una ragazza di 20 anni a migliaia di chilometri da casa sua, Patrick era un amico, si prendeva cura di me, mi dispiace moltissimo di non essere riuscita a fare la cosa giusta. La polizia non accettava la mia risposta, che non sapevo chi aveva ucciso Meredith, mi faceva sempre le stesse domande».

Secondo quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, quella notte furono violati i diritti di difesa della Knox, sentita senza avvocato e senza interprete. La Knox tuttavia era imputata di calunnia per un memoriale scritto alcuni giorni dopo in carcere. Ma con quel documento lei, ha spiegato in aula, intendeva scagionarlo: «Il mio intento era quello di ritrattare le mie dichiarazioni precedenti. Stavo cercando di capire se quelle dichiarazioni che la polizia mi aveva spinto a evocare potessero essere vere». 
I difensori della Knox, avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati, hanno annunciato l’intenzione di impugnare la condanna in Cassazione. Patrick Lumumba, che adesso vive in Polonia, non era presente in aula. Per lui l’avvocato Carlo Pacelli: «Amanda Knox – ha detto il legale – non è una vittima ma una calunniatrice».

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