Cecina, cade nelle buche della Variante: oltre 44mila euro di risarcimento
L’incidente in scooter: Anas dovrà però pagare solo diecimila euro. Il resto lo ha già versato l’assicurazione stipulata per se stesso dal 65enne fiorentino
CECINA. È caduto col suo scooter sulla Variante Aurelia, all’altezza di Cecina nord, rompendosi «il dente dell’epistrofeo e varie costole» per una prognosi di oltre tre mesi, di cui «cinque giorni di inabilità totale, 40 parziale al 75%, 20 al 50% e 30 al 25%», si legge nei referti medici. Per questo, un sessantacinquenne fiorentino, dovrà essere risarcito dall’Anas – assistito nel giudizio dall’avvocato Vincenzo Giardino – per 10.876,94 euro, somma alla quale si aggiungono i 34.500 già versati dalla Zurich, con cui il diretto interessato (e non l’ente proprietario delle “quattro corsie”) aveva stipulato una polizza anti-infortuni. È quanto ha stabilito il giudice del tribunale civile di Livorno, Giulio Scaramuzzino, al quale il “centauro” – assistito dai legali fiorentini Marta Calvi e Luca Mancini – si era appellato per vedere soddisfatte le proprie pretese.
L’incidente
L’incidente risale all’11 giugno del 2021 ed è avvenuto attorno alle 17,10. «Al chilometro 281+700 – si legge nella sentenza – in località “Cecina nord” il conducente ha perso improvvisamente il controllo del proprio mezzo, uno scooter, cadendo e riportando delle lesioni. Il sinistro sarebbe da ricondurre alla strada particolarmente dissestata e deformata». Dopo l’incidente, l’allora sessantenne, era stato portato in ospedale con un’ambulanza e per cinque giorni, appunto, è dovuto rimanere fermo in un letto, non potendosi muovere a causa delle lesioni subite. L’ente gestore della strada, contrariamente al motociclista, ha sostenuto invece come tutto quanto sarebbe accaduto per colpa della «condotta del conducente che, a una velocità senz’altro non adeguata allo stato dei luoghi, ha perso del tutto autonomamente il controllo del mezzo urtando dapprima contro il guardrail alla sua destra e poi, in seguito, rovinando al suolo».
La testimonianza
In tribunale è stato ascoltato anche un testimone oculare, che ha avvalorato la tesi del “centauro”: «Ricordo che davanti a me – le sue parole – procedeva uno scooterone a distanza di circa cinque metri. La visibilità era buona e c’era luce. Il signore sul motorino viaggiava sul lato destro della carreggiata, che stavamo percorrendo entrambi. Sul tratto di strada in questione ci sono più buche e ricordo che il motociclista ha preso in pieno una di queste e subito dopo ha iniziato a sbandare, poi è caduto sulla strada senza impattare sul guardrail. Non ricordo se in quella occasione vi fosse un cartello di pericolo, mi sembra di no. Non ricordo la velocità che avevo io, presumo sui 70-80 chilometri orari, anche perché il sinistro è avvenuto in prossimità dello svincolo che dovevo prendere e stavo quindi tenendo una velocità adeguata alla manovra che dovevo compiere. Il motociclo mi precedeva, ricordo che non ha decelerato nel tratto di strada in questione. Non ricordo se prima della buca attraversata ve ne fossero altre. Mi sembra che il motociclista procedesse a una velocità idonea rispetto ai limiti previsti sul tratto di strada in questione», dove il limite è di 110 chilometri orari.
La sentenza
Il giudice, con la sentenza depositata lo scorso 17 febbraio, ha stabilito come l’incidente sia stato provocato dal fondo stradale dissestato, basandosi principalmente sul verbale della polizia stradale e sulle parole del testimone oculare, colui che è stato ascoltato in aula. «Che il fondo stradale fosse gravemente dissestato è un fatto che emerge, in maniera inconfutabile, in primis dal già verbale della polizia stradale – si legge nella pronuncia – ed è pienamente provato il nesso di causa con la caduta, non potendo sussistere alcun dubbio che l’incidente sia da ricondurre proprio alle buche e, dunque, allo stato in cui versava il tratto di strada». «Il fatto che fosse presente il cartello di pericolo – prosegue il giudice – non esime di per sé il custode della strada, imponendo solo all’utente della strada un onere di prudenza maggiore, la cui violazione tuttavia non è stata assolutamente provata (e il contegno del danneggiato tale da recidere il nesso causale o da determinare un concorso di colpa nella causazione del sinistro deve essere dimostrato dal custode, non già dal danneggiato stesso)». Per questo Anas, oltre a pagare le spese della consulenza medico-legale del consulente tecnico d’ufficio, deve versare al motociclista infortunatosi 10.876,94 euro «oltre interessi dalla data della presente sentenza al saldo effettivo».
Possibile ricorso
L’importo liquidato, in realtà, sarebbe stato maggiore – oltre 40mila euro – ma quanto versato dalla compagnia assicurativa, sebbene non di Anas ma stipulata dall’uomo coinvolto nell’incidente, deve essere detratto dal totale. Per questo, gli avvocati Mancini e Calvi, potrebbero proporre appello: «Stiamo valutando, anche se la pronuncia del giudice si basa su un indirizzo delle sezioni unite della Cassazione», spiegano. Anas dovrà inoltre pagare oltre cinquemila euro di spese processuali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA