Tromba d'aria a Rosignano, nessun processo: «Una forza non prevedibile». La decisione del giudice
I fatti risalgono al 2020 quando il circolo dei Canottieri fu colpito dall’evento atmosferico. Ecco perché è stata disposta l’archiviazione per tutti
LIVORNO. Che la struttura presentasse, in generale, alcune carenze l’ha fatto presente anche il consulente tecnico del pubblico ministero. Ma non è possibile affermare che queste criticità abbiano causato il crollo di una tensostruttura che, peraltro, è stata spazzata via da una tromba d’aria che non era prevedibile – né in fase di progettazione del tendone né in fase di diramazione dell’allerta meteo – nella forza con cui si è presentata. Ecco le motivazioni con cui il giudice per le indagini preliminari Marco Sacquegna ha disposto l’archiviazione del procedimento a carico di 14 persone dopo la tromba d’aria del 2020 e la successiva restituzione degli atti al pm. Le parti offese (i due tennisti feriti) prendono atto della decisione del giudice che, nel disporre l’archiviazione, ha rigettato le osservazioni dei loro legali. «Tuttavia auspichiamo una riapertura delle indagini che possa rassicurare la popolazione sul rispetto degli obblighi di sicurezza», dice l’avvocato Silvio Monti. Ma andiamo con ordine.
L’inchiesta
I fatti in questione risalgono alla sera del 25 settembre del 2020 quando Solvay – in particolare la zona dei Polveroni e il circolo Canottieri – fu colpito da una tromba d’aria che sradicò alberi e scoperchiò tetti. Quando la tensostruttura che copriva i campi da tennis è stata distrutta dal tornado, lì sotto c’erano quattro persone, due poi portate all’ospedale in gravissime condizioni: il maestro di tennis Enrico Rustichelli, seguito dal legale Silvio Monti, e il suo allievo Massimo Villani, che si è rivolto all’avvocata Alessandra Benvenuti. Dopo il crollo la pm Ezia Mancusi ha aperto un’inchiesta per crollo colposo di edificio e lesioni iscrivendo 14 persone sul registro degli indagati, tutti a vario titolo coinvolti nella progettazione o nella manutenzione del tendone.
Procura e difesa
Dopo accertamenti e consulenza tecniche, la procura ha chiesto l’archiviazione per tutti basandosi principalmente sull’imprevedibilità dell’evento atmosferico, che avrebbe reso nullo il nesso causale tra il tipo di progetto, la manutenzione, eventuali criticità e il crollo del tendone. Richiesta, questa, a cui si sono opposti i legali delle persone offese che hanno posto l’accento, tra le altre cose, proprio sulle «criticità statiche della struttura rilevate per la fase progettuale». Inoltre secondo loro «l’evento poteva essere prevedibile dato che in nove anni si erano verificate 5 trombe d’aria».
L’archiviazione
Il giudice, d’altra parte, ha ritenuto che «le considerazioni esaminate non consentono di provare la sussistenza di condotte colpose per nessuna delle ipotesi di reato ipotizzabili». Questo perché, da una parte «la tromba d’aria era imprevedibile» e, di conseguenza, «l’impossibilità di prevedere una tromba d’aria implica l’impossibilità di immaginare misure tese a contrastarne gli effetti». Dunque «le regole di progettazione e di costruzione dell’impianto erano tarate non già rispetto al rischio tromba d’aria ma alla necessità di garantire la resistenza al vento entro una certa intensità» mentre «l’evento si è propagato a una velocità media pari a 1, 6 volte il valore per cui era stata progettata secondo la normativa di settore».
«Ripartiamo»
In tutto questo l’avvocato Monti ritiene che ci sia stata una «sottovalutazione dei difetti strutturali dell’impianto, come evidenziato anche dai tecnici della Procura che hanno rilevato criticità gravi. Il progetto e la sua esecuzione, quindi, erano inadeguati a sostenere la pressione di venti che sulla costa si manifestano comunemente. La struttura precedente, peraltro, era stata già danneggiata per ben due volte a causa di importanti eventi atmosferici. In tale contesto e con l’obbligo giuridico di rispettare le normative sulla sicurezza che impongono di implementare la valutazione dei rischi legata a fattori climatici e ambientali e di astenersi dall’esercizio delle attività ove permangano situazioni di rischio, è stato un errore lasciare aperto l’impianto con l'allerta arancione». Di parare diverso l’avvocato Claudio Cataldo, che ha difeso sei dei 14 indagati. «Un’eventuale riapertura delle indagini – dice – non aggiungerebbe niente di più rispetto a quanto già accertato. Infatti, come spiegato anche dal giudice, da un punto di vista del nesso causale non ci può essere un collegamento tra condotta (la progettazione e/o la revisione del tendone, ndr) ed evento (il crollo, ndr). Questo perché la struttura era stata progettata per reggere una certa intensità di vento, che nel caso dell’imprevedibile tromba d’aria del 25 settembre, è stato di 1,6 volte più forte. In quest’ottica, anche se ci fosse stata una qualche carenza nella struttura, questa non avrebbe in alcun modo determinato il crollo. In sintesi, nel nostro caso, sono assenti condotte colpose che hanno causato l’evento».
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