Roan Johnson: «Il mio BarLume è un porto franco per la Toscana dove risuona il de’»
Un cast di “solvaini”, livornesi e pisani. Il regista: «Siamo come una famiglia, le nostre cene sono più divertenti dei film»
ROSIGNANO. Un cast di rosignanesi, livornesi e pisani: il BarLume è un “porto franco della Toscana” che accoglie e ha reso popolari tanti attori della nostra zona. Parola del regista Roan Johnson, che nel profilo social indossa la maglietta con l’esclamazione livornese “de’”. «Mio padre è di Londra e mia madre di Matera, ma sono cresciuto a Pisa, quindi sono pisano», dice sorridendo.
Nella serie che dirige da dieci anni “I delitti del BarLume”, prodotta da Palomar per Sky Cinema e ispirata ai romanzi dello scrittore pisano Marco Malvaldi, recitano i rosignanesi Massimo Paganelli, Enrica Guidi e Alessio Pianigiani, ma sono comparsi anche personaggi livornesi come il cantautore Bobo Rondelli e l’attore e scrittore Claudio Marmugi, per non parlare dei vecchietti-detective: uno è l’attore livornese Marcello Marziali (sul set Gino, detto Rimediotti), l’altro il collega pisano Athos Davini, che interpreta Pilade, oltre a Paganelli (l’unico non professionista, Aldo) e Alessandro Benvenuti (Emo).
Lo stesso regista Johnson ha fatto dei cameo in alcuni episodi, entrando direttamente nel cast toscano della fortunata serie tv. «Il Barlume è una sorta di porto franco della Toscana – racconta - quindi noi accogliamo tutti i toscani se sono pisano-livornesi. Li preferiamo ancora perché l’ambientazione dei romanzi di Malvaldi è un’ipotetica Tirrenia, ossia Marina di Pisa. Noi girando all’Elba nella meravigliosa Marciana Marina ci siamo inventati una sorta di promontorio alla Castiglioncello, La Perla del Tirreno, e lì ci siamo dati come regola di poter usare tutti i dialetti toscani, ma certo il pisano-livornese è il nostro preferito, che se si volesse stare molto legati ai libri dovrebbe essere il maggioritario. Non è un caso che tre vecchietti lo parlano, Marchino ossia Paolo Cioni, è pisano, e Andrea Govoni è Guglielmo Favilla, livornese. Però ci siamo dati questa concessione di lavorare sul porto franco, dove anche il fiorentino, che poverino non vede il mare, si è trasferito lì».
La toscanità ha un peso rilevante nel successo della serie, giunta alla decima stagione. «Qui ci sono stati una serie di incastri fortunati – prosegue il regista - il primo dei quali è la mescolanza di due toni e generi che sono il giallo e la commedia che di solito cozzano tra loro, perchè il giallo presuppone la morte di qualcuno, sofferenza e lutti, mentre la commedia ha difficoltà ad accogliere tutto questo. Il tono dei romanzi era intrinseco di ironia e per trasporli nell’audiovisivo l’abbiamo risolto con la recitazione degli attori. Abbiamo tentato di non tradire il cuore dei romanzi di Malvaldi, ma la trasposizione aveva bisogno di mettere più in situazione l’ironia del testo, e lo spirito irriverente, ridanciano e desacralizzante toscano ci ha portato fortuna».
Lo stesso spirito viene fuori anche durante le riprese, trasformando la vita fuori dal set in uno spettacolo comico. «Il cast è ormai una sorta di famiglia, un ritrovo degli amici delle vacanze – racconta Johnson - durante l’anno ognuno ha progetti e famiglie proprie, poi ci ritroviamo in questa bolla spazio-temporale all’Elba. Si sono consolidati rapporti di amicizia che hanno sciolto anche le tensioni, siamo diventati amici e c’è il piacere di ritrovarsi, una sorta di famiglia allargata. Poi tutti sono persone molto divertenti anche umanamente, le cene che facciamo la sera a volte sono più divertenti della stessa serie! Abbiamo fenomeni di comicità, mi sono ritrovato varie volte allo stesso tavolo con Guzzanti, Mascino, Benvenuti, Guidi ma anche Marmi, Cioni, Favilla e Di Mauro, sei attorniato da gente così e ti fai delle risate pazzesche. Ogni anno succedono cose curiose, Sky ha raccolto questi aneddoti in uno speciale per i dieci anni in cui si vede lo spirito di squadra del BarLume».
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