Il Tirreno

Versilia

Per sempre uniti

Dona un rene al fratello malato e lo salva: Angelica e Umberto, dalla Versilia la storia di una Pasqua speciale

di Luca Basile

	Angelica Stella
Angelica Stella

Le parole della 41enne originaria di Ravenna istruttrice di pilates a Stazzema: «Ho pensato che se la vita mi aveva donato lui, donargli anni di vita era il minimo che potessi fare»

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PIETRASANTA. Angelica e Umberto Stella sono sorella e fratello: lei ha 41 anni, ha trascorsi importanti da ballerina professionista, e ha uno studio ben avviato di pilates in Versilia, a Seravezza anche se è originaria di Ravenna. Umberto di anni ne ha 48, è odontoiatra e dalla nascita convive con una seria patologia renale diagnosticata in ritardo. Troppo in ritardo.

Quelle parole nel 2012

«Prima o poi avrà bisogno di un rene da un donatore» gli dicono i medici nel 2012. Angelica non ha alcun dubbio: quel rene sarà lei a donarlo al fratello. 13 anni dopo, il 14 aprile 2025, Angelica e Umberto trascorrono la vigilia dell’intervento per il trapianto nella stessa stanza dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, una a fianco dell’altro condividendo le ore, i pensieri, i timori. Ma anche la consapevolezza di un momento che li avrebbe restituiti, entrambi, a un’altra vita. «Il trapianto è andato bene: Umberto è in isolamento, come prassi. I valori si sono quasi subito normalizzati. Resterà un’altra settimana sotto osservazione, poi si vedrà. Io sono già a casa, qui a Ravenna: come mi sento? Benino, ho mio marito, il mio bimbo di 9 anni e la mia famiglia vicino. Fra una settimana tornerò in ospedale per una visita di controllo. Sono felice di quello che ho potuto fare: mio fratello mi ha “salvata” in tante occasioni in altri modi – le parole di Angelica –. Ho pensato che se la vita mi aveva donato lui, donargli anni di vita era il minimo che potessi fare. Il professor Ravaioli oltre a essere un luminare è molto umano: ci ha anche chiesto quale musica volessimo in sala operatoria. Io ho chiesto i Sigur Ros, Umberto i Simply Red. Certo, fino all’ultimo l’intervento è stato a rischio: quando ricevi un organo da una persona vivente, come nel nostro caso, ti può giustamente “passare davanti” un altro trapianto, con organo donato da una persona morta. Quella di Umberto era un’operazione programmata: le sue condizioni erano molto serie, ma in un quadro di criticità c’è sempre qualcuno che sta purtroppo peggio. Se ho avuto paura? A me logora l’attesa: anche quando facevo danza (Angelica ha trascorsi con la Martha Graham Dance Ensemble di New York, ndr) soffrivo il prima, poi quando arriva il momento passa tutto. È successo così anche questa volta. Cosa mi ha detto mio fratello? In lui c’è gratitudine profonda e anche tanta paura, ma non per le sue condizioni, no, per il timore di conseguenze sulla mia salute. E invece è andato tutto per il meglio, a oggi. Credo che di donazioni non si parli mai abbastanza: quello che mi amareggia è che lo Stato di fronte a una mia assenza forzata per una situazione di questo genere, non preveda alcun tipo di supporto. Da libera professionista pago ogni contributo e tassa, ma per oltre un mese avrò il mio studio di pilates, a Seravezza chiuso e non potrò insegnare, come abitualmente faccio, in un centro di formazione a Firenze. Ecco, penso che in questi casi lo Stato debba garantire un minimo di assistenza alla persona che dona e non abbandonarla. Ma tutte queste mie perplessità – la chiosa di Angelica – sono niente di fronte a quello che Umberto e io siamo riusciti a fare. Presto torneremo ad abbracciarci e sarà bellissimo».

Per sempre uniti

Perché in fondo, come è stato scritto, “per donare ciò che si ha, bisogna donare ciò che si è”. E Angelica e Umberto, questo passaggio, lo hanno avuto sempre bene impresso nella mente in tutti questi anni. Sempre.

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