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Suicida dopo la maxi truffa, la sorella di Katia Palagi scrive a Mattarella: «Ci aiuti, l'indagine sulla sua morte è ferma»


	Katia Palagi
Katia Palagi

Viareggio, Marisa Palagi ha scritto una lettera accorata al presidente della Repubblica

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VIAREGGIO. Con il dolore nel cuore, ma con una profonda e determinata voglia di giustizia, «di dare un senso alla morte di mia sorella», dice con la voce rotta dall’emozione Marisa Palagi. Con questa disposizione d’animo, lei, sorella di Katia – impiegata che a 56 anni si è tolta la vita, il 13 novembre 2024, gettandosi da un viadotto autostradale dopo essere stata ridotta sul lastrico da spietati truffatori che l’avevano portata a investire in presunti bitcoin tutti i suoi averi – ha scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Una storia che Marisa ha reso pubblica per la prima volta raccontandola di persona alla trasmissione “Chi l’ha visto”, lo scorso febbraio. E che ha fatto scalpore, portando anche altre vittime di questi raggiri che annientano la vita delle persone, a uscire allo scoperto. La procura ha aperto un’indagine per truffa e istigazione al suicidio: dal telefono di Katia, all’esame di una ditta specializzata incaricata dalla procura, sarebbe emerso che i versamenti fatti dalla donna portano in Lituania.

«Al Presidente Mattarella ho raccontato la storia di Katia partendo dalla prima denuncia, nel 2022 – spiega Marisa –. Ho raccontatola sua storia fino a oggi. Ma la giustizia è ferma: lo dimostra il fatto che sì, è vero che il pm ha chiesto il telefono di Katia dopo che sono andata a “Chi l’ha visto”, ma se facessero indagini serie avrebbero chiesto anche il computer e altre cose. Nella mia lettera, avevo chiesto al Presidente se poteva darci un aiuto per avere giustizia. Mi sono resa conto che questo delle truffe è un argomento intorno al quale sembra esserci omertà, è troppo chiuso, quasi ci chiudono le porte».

La risposta dalla Presidenza della Repubblica

All’indirizzo di Marisa, che abita a Massarosa, è arrivata nei giorni scorsi la risposta alla lettera; è arrivata direttamente dall’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Al riguardo della storia di Katia raccontata dalla sorella, «debbo informarla che non rientra tra le attribuzioni del Capo dello Stato l’intervento su questioni appartenenti alla competenza dell’autorità giudiziaria – viene riportato dal dirigente che scrive per il Presidente Mattarella –. La invito, pertanto, a riporre fiducia nell’operato della magistratura, chiamata a una complessa valutazione dei fatti nel rigoroso rispetto delle norme di legge». Senza mancare di sottolineare «la sentita partecipazione e vicinanza umana» del Presidente per la tragica perdita di sua sorella Katia».

Il dolore di una sorella

Marisa non sa e non può darsi pace, perché, ribadisce, per l’indagine sulla morte di sua sorella «la giustizia è ferma». Prova rabbia e altro dolore pensando che se il caso fosse stato preso in considerazione «già nella prima denuncia presentata da Katia nel 2022» forse le cose sarebbero andate diversamente, forse Katia non si sarebbe ancora indebitata e non avrebbe compiuto un gesto estremo. Perché in quel momento «era un’indagine facile: lei aveva mandato i soldi a un’unica piattaforma; bastava fare una tracciatura dei soldi, ma non per i soldi, bensì per trovare i nomi dei truffatori. Ma già nella prima indagine, solo silenzio. Mi ha confermato il nostro legale che le denunce contro ignoti vengono messe in un angolo. Capisco che avranno tanto lavoro e tante denunce, non voglio accusare nessuno per carità. A maggio 2024 Katia fece la seconda denuncia, perché era stata querelata nell’ambito della seconda truffa. Quando sei nella disperazione per esserti indebitata, nella disperazione perché hai perso il tuo equilibrio e hai anche dei debiti, come fai a non sprofondare nel senso di angoscia, nel dirti “guarda cosa ho fatto”. Incolpi te stesso invece di incolpare i truffatori, per essere caduta in questa situazione. Entri in un marasma di pensieri spiacevoli».

«In questo periodo – aggiunge – ho pensato tanto a quello che può aver provato mia sorella. Anche dopo la seconda denuncia non successe niente: se le avessero dato un briciolo di speranza, forse quello che è successo non sarebbe accaduto. Quando poi ho presentato denuncia perché Katia si era suicidata, il fascicolo non è stato aperto: me lo ha confermato l’avvocato. Non è stato aperto fino a che non sono stata a “Chi l’ha visto”. Ci hanno preso un telefono per tapparci la bocca perché sono andata in trasmissione. Perché? La morte non è mai giusta, ma a quella di mia sorella avrei voluto dare almeno un senso».

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