La prof: «I famosi Open Day? Sono teatrini. Cari insegnanti, ci serve un esame di coscienza»
Valeria Zannoni, insegnante, racconta la sua esperienza (anche come madre) di molti ragazzi che si trovano a scegliere la scuola superiore
VIAREGGIO. Valeria Zannoni è un’insegnante e racconta la sua esperienza – anche come madre – di molti ragazzi che si trovano a scegliere la scuola superiore. «La scuola media di appartenenza – dice – mediamente offre due stages nelle scuole superiori della zona, poi i ragazzi possono partecipare autonomamente ai vari Open Day e, infine, devono decidere». In genere, racconta, sono i genitori che scelgono per loro; oppure sono i giovanissimi stessi, nel caso in cui abbiano particolare interesse per alcune materie o «la rarissima fortuna di avere nel loro cassetto il sogno di chi vorranno essere»; o, ancora, «e qui confluisce la stragrande maggioranza di loro, si basano sui famosissimi Open Day», cioè «teatrini colorati e luminescenti – li definisce Zannoni – per convincere ignari adolescenti imberbi che scegliere loro (quella scuola, ndr), è la scelta migliore».
«Venite da noi»
Ecco cosa pensa la professoressa. «Che senso ha far apparire il proprio liceo – si chiede – come un posto meraviglioso dove l’accoglienza sta alla base di una preparazione solida e performante quando da innumerevoli anni, nella fattispecie nella realtà di Viareggio, si sa che quel liceo vanta un abbandono altissimo di iscritti alla prima superiore?».
I bravissimi
«Dove sta l’onestà – si chiede ancora – nel far parlare all’Open Day quei bravissimi ragazzi di quarta o quinta che sarebbero stati bravissimi in qualsiasi contesto, perché pieni di talento, spinta e maturità autonome, che hanno veleggiato col vento in poppa da quando sono nati?
I prof
«Dov’è la verità, in quegli insegnanti – continua – che si prestano al palcoscenico dell’Open Day e raccontano di una scuola inclusiva, che accompagna e ascolta», in cui tutti arriveranno «gioiosamente in quinta», «se poi da settembre, in maniera costante, senza ritegno, fanno terrorismo nelle prime dicendo che “quella scuola non è per tutti, che è meglio cambiare velocemente”?».
Il caso
«Questo ad esempio succede in un liceo cittadino – racconta Zannoni – a cui ogni anno molti dei miei ex studenti si iscrivono pieni di entusiasmo e vengono massacrati nei primi tre mesi di scuola da una elevata percentuale di docenti». Qui «alle famiglie, alla prima riunione» viene detto che «buona parte della classe non è “scolarizzata”. Forse, piuttosto, è disorientata, in fase di adattamento, sorpresa, in difficoltà». Mentre agli studenti viene detto che «sono inetti, inabili, non adatti, che se prendono un 3 non lo recupereranno»; «E i 3 piovono a catinelle». Poi Zannoni riporta la citazione di una professoressa, secondo lei «da Oscar o da denuncia», «buttata in faccia agli studenti»: «”Anche io avrei voluto fare la ballerina, ma ero in sovrappeso”». E tale dichiarazione sarebbe stata riutilizzata «nel colloquio con genitori di ragazzi con Disturbi dell’Apprendimento, in possesso di certificazioni, lasciandoli attoniti», dice Zannoni, rammentando che «ci sono metodologie previste che per legge per alunni con Dsa».
Effetti e soluzione
«Poiché le conseguenze emotive di un trattamento del genere sono devastanti», «poiché la scuola pubblica dovrebbe smettere di usare la parola inclusione a sproposito», «poiché un insegnante ha doveri e non solo diritti e non può abusare del proprio potere», «poiché la scuola è un diritto e ognuno dovrebbe poter fare il proprio percorso che è speciale e unico e arrivare in fondo con le proprie forze (e non grazie a cinque anni di ripetizioni)», «poiché gli attacchi di panico, la perdita di appetito, il calo di interesse e l’instabilità nell’umore sono sintomi evidenti che non possono essere sottovalutati da nessuno», «proporrei un esame di coscienza alle soglie del prossimo Open Day, un collegio straordinario in cui fare i conti con la propria professionalità, consapevolezza, con l’onestà di cui ogni insegnante dovrebbe essere un portavoce, in cui rispondere a domande come queste: Quello che ci prepariamo a dire è reale? Siamo consapevoli che questo è ciò che avviene nella nostra scuola? Perché più della metà degli studenti ha bisogno di lezioni a pagamento? E all’Open Day dovrebbero partecipare tutti i ragazzi, soprattutto di prima, e dovrebbero avere la possibilità di parlare in assemblea, da soli». «Allora si che l’Open Day sarebbe uno strumento serio di aiuto nella scelta». «Ogni riferimento a persone o cose – conclude – è puramente casuale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA