Delusione Grecia, la gita nella culla della classicità lascia una classe di liceo nello sconforto
Antichi monumenti trascurati, sporcizia, caos e pure maleducazione verso i turisti: così il viaggio diventa un vero incubo
Cinque anni di fatiche, di ore trascorse a ripetere le infinite coniugazioni e a cercare il giusto ritmo per la lettura dei versi in metrica.
E al quinto anno del liceo classico gli studenti si dividono in quelli che bruciano il dizionario e hanno un colpo al cuore ogni volta la Nazionale greca di un qualsiasi sport compare alla tv perché “no, anche qui no…” e in chi, invece, sconsolato, non si capacita come tutti gli argomenti studiati finora risultino inutili e perciò vuole dare un senso al percorso. Fortunatamente, la nostra classe è composta maggiormente da ragazzi e ragazze che hanno le idee simili alla seconda scuola di pensiero, perciò a metà febbraio siamo partiti per l’ultimo, ma non per importanza, viaggio d’istruzione e la meta non poteva che non essere la fantomatica e quasi leggendaria Grecia.
Il viaggio
Terra madre della filosofia, della tragedia e dei gatti, a quanto pare (ne abbiamo contati circa una trentina). E se, appena messi i piedi a terra dopo due ore di turbinii e tumulti in aereo, ti incammini con l’aspettativa di ammirare posti meravigliosi e quasi mitologici, mi dispiace, ma rimarrai completamente deluso. In sei giorni il luogo più pulito che abbiamo incontrato è stato l’aeroporto, mentre i monumenti, le strade, la capitale facevano venire i brividi. Non si può negare che sia sorprendente, quasi un ossimoro, come ci siano palazzi sfitti, vecchi e sporchi da una parte e poi, girandoti, vedi lassù, intaccata, maestosa la rinomata Acropoli.
Ecco che fa sdegnare come le antiche opere d’arte vengono trattate, quasi come se con alberi ed edifici volessero andare a nascondere le uniche bellezze che hanno, come ad esempio il treno che passa proprio nel centro dell’Agorà. Pensate talmente geniali da risultare insensate, che provocano inevitabilmente un sorriso amaro.
Le rovine storiche di Atene, il teatro di Epidauro, il tempio di Poseidone a Capo Sounio sono imponenti e fa accapponare la pelle pensare che un tempo lì giravano artisti, attori, letterati. Peccato che l’atmosfera non permetta neanche lontanamente di fare un tuffo nel passato, anzi, non ti fa proprio nemmeno immergere leggermente il piede per sentire la temperatura. E se ti viene voglia, anche se, onestamente, non comprenderei il motivo, di salire su una delle alture vicine all’Acropoli per ammirare il paesaggio, sappi che hai fatto uno sforzo inutile, perché, oltre alla minuscola e mediocre chiesetta bizantina, vedrai dall’alto soltanto una distesa di catapecchie monocromatiche che ricordano un ambiente distopico. Per non parlare del malfamato quartiere in cui era situato il nostro hotel, dal quale forse non era il caso di uscire dopo una certa ora. Piccolo dettaglio del quale, sempre forse, ci avrebbero dovuto avvertire. Ma strano che non ce lo abbiano detto, con quei sorrisi simpatici e accoglienti… immagino, perché l’unica accortezza che ci hanno riservato è stata soltanto il fischietto ben riempito d’aria ogni volta che facevamo qualcosa, a detta loro, di sbagliato. Se trattano così i turisti, maggior fonte economica del Paese, non voglio immaginare le persone del posto.
A Delfi le speranze residue ci persuasero la mente fino a farci credere che se è così famosa, un motivo, almeno uno, ci deve essere. Dopo aver capito che Apollo non sarebbe spuntato da nessuna rientranza rocciosa per annunciarci un oracolo difficilmente interpretabile, tutto quello che ci è saltato agli occhi sono state le rocce, i massi, mezzi originali e mezzi ricostruiti, che senza la spiegazione della guida avrebbero avuto ancora meno senso. Purtroppo, la stessa storia vale per Micene. Ma le città moderne non sono tanto migliori. Atene, una delle più conosciute capitali europee, è una città arretrata, bloccata nel tempo da almeno cinquant’anni e con nemmeno un sentore di modernità. È un’ignominia far soccombere queste opere d’arte che sembrano poste su un colle qualsiasi senza un senso logico e senza una minima cura. È uno spreco e un peccato per tutta l’umanità. Non c’è da sorprendersi che, atterrato il volo di ritorno, abbiamo buttato a terra le ginocchia e ringraziato di essere di nuovo a casa.
* Studentessa di 18 anni del liceo classico Carducci di Viareggio