Medici di base assunti dall’Asl, riforma della sanità: è rivolta. Le novità, i punti chiave e gli scenari
Secondo la bozza i professionisti impegnati tra Case di comunità e studio. Il ministro Schillaci insiste, ma la maggioranza degli interessati è contraria
«Salve dottore, ho un problema e vorrei essere visitato. Quando posso venire da lei?» . La risposta del medico di famiglia, nel caso venisse approvata la (bozza di) riforma presentata dal ministro della Salute Orazio Schillaci potrebbe essere più meno questa: «Guardi, oggi pomeriggio e domani sono di turno alla Casa di comunità, può passare da lì, ma rischia di aspettare a seconda di quante persone si presenteranno, oppure sarò in ambulatorio tra due giorni ma solo la mattina perché ho già fatto le 38 ore settimanali previste dal contratto del Servizio sanitario nazionale».
Di cosa parliamo
Dentro a questa conversazione ci sono i punti cardinali dentro ai quali si dovrebbe muovere la salute di prossimità del futuro: medici di base alle dipendenze dirette del distretto, orario di lavoro diviso, a scalare a seconda del numero dei pazienti assistiti, tra studio e ambulatorio pubblico. Con l’obiettivo dichiarato di alleggerire il flusso di pazienti nei pronto soccorso. Ma il disegno piace a pochissimi addetti ai lavori. È lo stesso ministro, travolto dalle polemiche, a provare a chiarire alcuni aspetti della riforma: «Vorrei rassicurare sul fatto che nessuno vuol togliere la libertà al cittadino di scegliersi il proprio medico di famiglia. Però oggi la situazione così com’è non funziona. Lo vediamo dal fatto che sempre meno giovani scelgono di fare il medico di famiglia. È necessario avere il coraggio di fare un cambiamento che vada nella direzione di offrire una sanità pubblica migliore ai cittadini». Così il ministro conferma l’intenzione di andare avanti sulla riforma e spiega qual è lo spirito con cui si lavorerà all’obiettivo.
Il chiarimento
«La cosa che mi dà più fastidio – puntualizza – è che qualcuno evochi sempre lo spettro della privatizzazione che ripeto nessuno vuole fare». Fra le ipotesi quella che ha acceso maggiormente il dibattito riguarda l’idea che i giovani medici di famiglia possano lavorare come dipendenti nelle Case di comunità. «Ne stiamo discutendo con le Regioni, dove non c’è una posizione unitaria, e ovviamente teniamo anche in considerazione quelle che sono le opinioni dei medici di medicina generale. Io credo però che sulle Case di comunità e sulla medicina territoriale non possiamo arretrare: abbiamo bisogno della leale collaborazione dei medici di medicina generale e sono certo che ci sarà per far funzionare meglio la medicina territoriale, visto che da questa dipendono tanti problemi: il sovraffollamento del pronto soccorso e poi bisogna anche stare a sentire quelle che sono le esigenze dei nuovi medici».
Per Schillaci il punto è che «i più giovani magari vogliono avere un tipo di lavoro diverso. Se non scelgono oggi di fare il medico di famiglia dobbiamo capire che le regole vanno cambiate da subito e bisogna far sì che la medicina generale diventi una specializzazione di tipo universitario. Basta con corsi diversi da regione a regione». In generale, ribadisce il ministro, «credo che il Servizio sanitario nazionale vada riformato perché sono passati 46 anni da quando è stato istituito», va fatto «senza perdere le sue caratteristiche principali: la sua universalità e quella di dare grande attenzione soprattutto alle persone che hanno meno mezzi. Con la demografia che abbiamo e la popolazione che invecchia, abbiamo uno scenario completamente diverso da quello che c’era qualche tempo fa», fa notare. «Ci vuole maggiore partecipazione: bisogna aderire agli screening, bisogna capire quanto sono importanti i corretti stili di vita, quanto è importante fare un’attività fisica, avere cura di una corretta alimentazione. Solo così possiamo vincere la sfida di riuscire a dare, soprattutto a chi ha più bisogno, i farmaci innovativi. La sostenibilità passa per una partecipazione di cittadini e malati consapevoli».
Liste d’attesa
Quanto al nodo liste d’attesa, «il dato significativo è che ci sono notevoli miglioramenti, ma ancora ci sono tante pratiche che vanno migliorate e la legge lo consente senza bisogno di decreti attuativi che tra l’altro sono tutti in via di emanazione. Penso al Cup unico o al divieto assoluto di chiudere le liste d’attesa e le prenotazioni. Per questo c’è bisogno della completa partecipazione di tutti, in particolare delle Regioni». E poi ci sono gli investimenti del Pnrr. «Credo che il fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina siano fondamentali per avere una sanità più equa e accessibile», conclude. Nell’opposizione la più critica è la senatrice dem , Ylenia Zambito, componente della commissione Sanità: «Governo e maggioranza ci dicono di essere pronti a risolvere il problema delle liste di attesa in sanità ma dopo due decreti e tante parole non si vedono soluzioni. Dopo due anni e mezzo, il ministro torna a parlare di riforma della governance del servizio sanitario nazionale. Mi chiedo, ma cosa stanno aspettando? Il timore, che è sempre più un’evidenza, è che abbiano le idee molto confuse».
E conclude: «L'unica strada per dare futuro alla sanità pubblica è riprendere il percorso per approvare la legge a prima firma Schlein. Solo così si potrà tornare a finanziare con risorse adeguate il servizio sanitario nazionale. Con i tagli non si riducono i tempi di attesa per una visita medica e non si potenzia il personale sanitario».