Rischio inquinamento, il deposito Eni di Calenzano resta sotto sequestro
La Procura di Prato vuole capire se c’è stato uno sversamento di combustibile nelle acque sotterranee. Altra perquisizione negli uffici dell’Eni
PRATO. Esiste il rischio concreto che l’esplosione dello scorso 9 dicembre al deposito Eni di Calenzano, che ha provocato la morte di cinque persone, abbia anche provocato la dispersione di idrocarburi nel terreno circostante. Per questo la Procura di Prato ha deciso di mantenere il sequestro dell’impianto fino a quando non si capirà se è necessaria una bonifica. Lo rende noto oggi, 12 febbraio, la stessa Procura.
Nel deposito, spiega il procuratore Luca Tescaroli, sono ancora presenti 40.000 tonnellate di combustibile ed è stata conferita una consulenza tecnica per accertare se lo scoppio abbia provocato inquinamento ambientale (sarebbe un’altra ipotesi di reato). L’esigenza di ulteriori accertamenti, spiega la Procura, «è stata acuita dai verificati malfunzionamenti in seno all’impianto, che hanno comportato sversamenti di combustibile, come si è accertato attraverso sopralluoghi effettuati. Si sta procedendo ad appurare la sussistenza della presenza di idrocarburi e di altre sostanze nocive nelle acque sotterranee e nelle aree circostanti al deposito, ivi compresi i canali di scolo, al fine di comprendere se sussistano responsabilità penali e se sia necessario effettuare una bonifica».
La cessazione delle attività del deposito Eni, spiega ancora la Procura, non ha eliminato il rischio, nel senso che ci sono in teoria cause esterne (dissesti idrogeologici, fulmini, terremoti) che potrebbero provocare altre fuoriuscite di carburante.
Intanto è stata compiuta un’altra perquisizione negli uffici dell’Eni e la Procura ritiene di aver raccolto tutta la documentazione utile per accertare eventuali responsabilità nell’esplosione. Il deposito della relazione tecnica sulle cause dello scoppio è atteso entro la fine di questa settimana.