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«Mi aggredisci? Imparo a reagire»: viaggio tra i medici al corso di autodifesa. I consigli e le testimonianze

di Silvia Barsotti
«Mi aggredisci? Imparo a reagire»: viaggio tra i medici al corso di autodifesa. I consigli e le testimonianze

A Lucca le lezioni dell’Ordine divise tra teoria e tecniche nel corpo a corpo. La storia di una dottoressa: «Spinta alle spalle da un paziente: sono stata due mesi senza camminare»

19 ottobre 2024
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LUCCA. L’agguato, i colpi mortali, la confessione in aula e la sentenza: ergastolo. Solo pochi giorni fa a Pisa Gianluca Paul Seung, 36 anni, è stato condannato per l’omicidio della psichiatra Barbara Capovani. E tra quella sentenza e l’iniziativa organizzata ieri, a Lucca, con il personale sanitario c’è un filo rosso. Perché se è indubbio – lo dicono i numeri – che gli episodi di violenza e aggressioni nei confronti di medici, infermieri e personale ospedaliero sono sempre più frequenti è altrettanto indispensabile adottare contromisure, che sono anche fornire a chi opera in ambito sanitario gli strumenti per difendersi, insegnare loro come comportarsi di fronte a pazienti affetti da disturbi che comportano la perdita di lucidità e la propensione all’aggressività.

Per sensibilizzare su questo tema, dunque, l’Ordine dei medici a Lucca ha deciso di offrire corsi di formazione in autodifesa ai propri iscritti, lezioni che si compongono di una parte teorica sulla psicopatologia dell’aggressività e di una parte pratica, dove vengono forniti insegnamenti e consigli da poter mettere in pratica in caso si dovessero trovare in una situazione a rischio con i pazienti.


Gli insegnamenti che i maestri dell’Associazione Sportiva Asd Gruppo Ju Jitsu Education di Mugnano cercano di trasmettere al personale sanitario includono il mantenere la distanza, bilanciare il tono della voce, interpretare il linguaggio non verbale della persona che ci si trova di fronte, lasciare spazio al potenziale aggressore per parlare nel tentativo di smontare la sua rabbia. Inoltre, proteggere se stessi attraverso posture e atteggiamenti corporei che permettano, in caso di aggressione, di difendersi adeguatamente: pararsi il viso, posizionarsi di lato, fuggire rapidamente e prepararsi a una potenziale reazione violenta. «In questo caso l’importanza del corso non è tanto l’autodifesa, quanto la prevenzione. Come non arrivare ad avere un contatto fisico o una colluttazione con un paziente che ci aggredisce. Aggredire un medico, oltre a mettere in pericolo la sua persona, significa metterlo nelle condizioni di dover smettere di lavorare, facendo subentrare traumi a livello psicologico», ha spiegato il maestro Luca Angeli.

All’incontro di ieri hanno partecipato 24 persone, tra medici, infermieri e personale ospedaliero. Partecipare a quattro lezioni di formazione, in cui si impara a reagire a potenziali situazioni di rischio, è sicuramente diverso dall’affrontare una circostanza reale di questo tipo.

La dottoressa Elisabetta Balsamo, psichiatra in pensione, ci ha raccontato di un’esperienza personale: «Lavoravo nel servizio di consulenza psichiatrica nel reparto di medicina dell’ospedale di Pescia. Un paziente in astinenza da sostanze stupefacenti, a cui avevo suggerito una terapia, improvvisamente, dopo essere rimasto tranquillamente seduto, mi ha aggredito alle spalle nel corridoio dell’ospedale, spingendomi e facendomi cadere. L’incidente mi ha provocato una distorsione alla caviglia, e ho dovuto trascorrere due mesi senza poter camminare. In questo corso ci stanno insegnando come prevenire anche attacchi simili, ponendo maggiore attenzione ai comportamenti dei pazienti, evitando di sottovalutare le situazioni, e applicando tecniche di difesa per proteggersi meglio».

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