Il Tirreno

Toscana

L'intervista

Toscana, la guerra ai cinghiali funziona a metà: «La Regione fa il suo, servono più soldi per le squadre di cacciatori»

di Barbara Antoni

	Un branco di cinghiali (foto d'archivio)
Un branco di cinghiali (foto d'archivio)

L’assessora Saccardi rivendica le azioni per limitare il proliferare degli ungulati e attacca il governo: «Pochi fondi, è fermo»

02 ottobre 2024
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Sessantatremilasettecento capi abbattuti su 113.000 assegnati nel 2023: il 56,3% del totale. Sta in questi numeri il “caso cinghiali” in Toscana, numeri forniti dalla stessa Stefania Saccardi, vice presidente della Regione con delega all’agricoltura. Che del problema – rispondendo anche alle accuse di scarso numero di capi abbattuti dalla Regione Toscana giunte dal sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, Patrizio La Pietra – ha una visione lucida: «Per portare a termine tutti gli abbattimenti serve che il governo vi investa di più, specialmente in Regioni, come la Toscana, in cui abbiamo squadre di cacciatori che si impegnano».

Vice presidente Saccardi, in tema di abbattimenti insufficienti la Toscana rappresenta un caso nazionale?

«Quello che dice La Pietra è vero, ma racconta anche una realtà positiva. Nel 2023 alla Toscana erano stati assegnati 113.000 capi da abbattere: siamo arrivati a 63.700, il 56,3%. Il numero totale di capi era irraggiungibile, e non solo per la Toscana: forse La Pietra aveva dati parziali. In Piemonte gli abbattimenti risultano al 58,8% del totale, in Lombardia del 57,2, in Emilia Romagna del 50, il Liguria, da cui l’emergenza è partita, del 24,1; in Campania del 43%. Per il governo, bisogna che lo sguardo sia nazionale. Se si fa attenzione solo ai dati, vuol dire che c’è un problema: o di prevenzione, o di strumenti messi a disposizione».

Come è la situazione dei cinghiali, oggi in Toscana, rispetto al passato?

«Gli abbattimenti sono in diminuzione; dipende da tanti aspetti, a cominciare dal fatto che la popolazione degli ungulati sta diminuendo. L’abbandono delle colture, il cambiamento climatico, fanno spostare le popolazioni di cinghiali verso le aree urbane: e questo induce la percezione che di cinghiali in realtà ce ne siano di più».

Come si procede agli abbattimenti nella nostra regione?

«Riteniamo che la cosa migliore sia lavorare con gli Atc e il mondo venatorio in generale; dove il governo ha coinvolto l’esercito, ha avuto risultati minimi e con spese enormi».

Il governo distribuisce risorse alle Regioni per gli abbattimenti. Quanto ha ricevuto la Toscana?

«Dal governo sono arrivati 170.000 euro per il contrasto alla Psa, la peste suina. E noi per fortuna non abbiamo avuto allevamenti contagiati, solo un caso in Lunigiana. Queste risorse le diamo agli allevatori colpiti; le abbiamo anche utilizzate per realizzare strutture per i capi abbattuti negli Atc».

Quali sono le altre fasi degli abbattimenti?

«Bisogna avere centri di sosta a norma, frigoriferi per lavorare i capi abbattuti, togliere pelle e interiora e per le verifiche sanitarie: abbiamo usato le risorse per le stazioni di sosta in generale. In Lunigiana abbiamo sei strutture di stoccaggio dei capi abbattuti, un sito per animali trovati morti, uno di completamento».

Dove finiscono le carcasse?

«Se infette, vengono incenerite a cura delle aziende sanitarie. Il resto può essere utilizzato, secondo tutte le regole del caso: possono essere spostare dalla zona per la trasformazione, oppure la carne può essere consumata sul territorio».

Come si difendono gli allevamenti dai cinghiali?

«La Regione Toscana ha fatto un bando per finanziare di circa il 50% le doppie recinzioni negli allevamenti in cui gli animali vivono allo stato brado, ad esempio la cinta senese: sono molto esposti al rischio di Psa. In alcune zone le doppie recinzioni sono state fatte, in altre no: perché non c’è stato il cofinanziamento da parte degli allevatori o per via dei vincoli paesaggistici».

La Pietra è stato molto duro con la Regione Toscana, secondo lui gli abbattimenti vanno a rilento anche per un approccio ideologico ambientalista.

«Non polemizzo col governo. La situazione è complicata e bisogna collaborare. Con La Pietra ho un buon rapporto. Secondo me per gli abbattimenti servono più risorse, bisogna lavorare per collaborare con Atc e associazioni venatorie e destinare risorse per mettere gli allevamenti in biosicurezza, in modo da poterli monitorare. Siamo disposti a intavolare una discussione, anche sui numeri non raggiunti. Vanno coinvolte anche le aree protette, sennò i cinghiali vanno nei parchi e non si abbattono. Dobbiamo coinvolgere anche le polizie provinciali, che sono disposte a collaborare, ma hanno organici troppo esigui: a Massa ad esempio ci sono solo nove guardie. Bisogna che le risorse vadano in tutte queste direzioni; il governo spenda meno per l’esercito e di più per i territori».

 

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