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«Il Palio di Siena è meglio delle Olimpiadi», ma l’elogio non piace

di Giuseppe Boi

	Piazza del Campo a Siena durante il Palio (foto Muzzi
Piazza del Campo a Siena durante il Palio (foto Muzzi

Polemiche per l’articolo del Washington Post da parte degli animalisti. E sul caso interviene anche la sindaca, Nicoletta Fabio

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Può un articolo dal titolo “Dimenticate le Olimpiadi, il Palio è il mio evento sportivo preferito al mondo” scatenare una bagarre? A Siena e in Toscana sì. Nel suo commento sul Washington Post, infatti, l’editorialista Rick Reilly pesta diversi calli. E che l’abbia fatto volontariamente o involontariamente, poco conta. Sul Washington Post sono cadute le critiche tanto degli animalisti che, da sempre, si battono per fermare la corsa, tanto dei senesi, che nell’articolo non vedono un elogio dell’evento ma, bensì, un dare del «pazzi» a corridori, contrade e pubblico.

«Se ti piacciono il Kentucky Derby, i demolition derby e le risse tra bande Shark vs. Jets e ti stai chiedendo: “Ehi, è possibile che tutte queste cose si possano combinare? ” la risposta è sì. Si chiama Palio», scrive Reilly che descrive l’evento così: «È una corsa di cavalli a mani nude e senza sella che si tiene nella piazza cittadina a forma di conchiglia da oltre 540 anni. Non c’è molto che sia rimasto intatto come il Palio, qualcosa di pieno di una passione che è profonda nel sangue, fino ai globuli. Quindi...se potete, andate».


Toni elogiativi e suggestivi che hanno fatto sobbalzare gli animalisti. «Il giornalista americano loda il Palio per motivi che invece dovrebbero far riflettere: l’assenza di regole, la corruzione considerata parte del gioco e la benedizione di un cavallo in chiesa – si legge sul sito della Lav (Lega anti vivisezione) –. Ribadiamo la nostra posizione: è un evento che perpetua l’idea che la vita degli animali possa essere sacrificata in nome della tradizione e del divertimento».

Quei riferimenti alle assenza di regole e alla presunta corruzione, le inesattezze (come l’inimicizia tra Pantera e Chiocciola) e alcuni passaggi romanzati, hanno fatto andare su tutte le furie tanti senesi. Per molti, infatti, più che tessere le lodi della manifestazione, Reilly lo critica subdolamente. Non a caso usa il termine “follia”: «(Il Palio) è il momento della follia. Gli organizzatori riempiono la piazza cittadina di terra, e poi la gente riempie ogni centimetro quadrato del campo interno, ogni finestra, balcone e tribuna, finché la folla non supera le 30mila persone, tutte con il cuore in gola», si legge nell’articolo. E ancora: «I cavalli fanno tre giri frenetici intorno alla piazza e ci vogliono solo circa 30 secondi perché il branco si riprenda, quindi in quei 30 secondi, devono correre sulla pista, caricare i feriti sulle barelle e portarli via o farsi investire a loro volta. A volte ce la fanno, a volte no. Spesso devono lasciare il corpo dov’è e riprovare».

Apriti cielo, il Washington Post e Reilly finiscono sulla graticola tanto che ieri è intervenuta sul “caso” anche la sindaca di Siena Nicoletta Fabio: «Rileggeremo l’articolo e, finito il Palio, risponderemo. Può essere anche l’inizio di una conoscenza. Perché non invitare chi ha scritto quelle inesattezze? Potrebbe essere l’occasione per fargli conoscere la nostra festa».

 

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