Il Tirreno

Toscana

Il ritratto

Addio Franchino: gli anni da parrucchiere, “la grande botta”, i successi e la malattia

di Mario Moscadelli

	Tre immagini di Franchino
Tre immagini di Franchino

Il famoso vocalist è morto a 71 anni. Cosa (probabilmente) non sapete di questo grande personaggio delle discoteche. Lascia tre figlie

19 maggio 2024
4 MINUTI DI LETTURA





“C’era una volta, tanti anni fa…”. Chissà quanti di voi hanno ballato ascoltando le sue favole. La musica perde il vocalist più famoso d’Italia: a 71 anni è morto Francesco Principato, per tutti Franchino: il cantastorie della techno, padre di tre figlie, ha legato il suo nome a discoteche leggendarie come l’Imperiale e l’Insomnia. La morte è avvenuta all’ospedale Niguarda di Milano, dov’era ricoverato dopo un malore avuto a Livigno durante una serata.

Una carriera da professionista, la sua, sbocciata non da giovanissimo: per ben 25 anni, infatti, è stato parrucchiere di giorno e disc jockey di notte.

Il lavoro da parrucchiere

Franchino arriva in Toscana da bambino, quando i suoi genitori decidono di trasferirsi per lavoro da Messina nell’Empolese ed è qui che è cresce. Finite le scuole medie, inizia a fare il parrucchiere per signore a Firenze e in quegli stessi anni inizia ad “aggeggiare” agli strumenti di alcuni gruppi musicali. Non ancora maggiorenne muove i primi passi da dj alla discoteca Seven Eleven di Montelupo. Si trasferisce all’Elba, dove apre un negozio di parrucchiere: di giorno le sue mani si muovono tra le acconciature, di notte sui dischi alla discoteca Capo Nord. Sua madre Caterina non è contenta, considera i musicisti di vagabondi: “Trovati un lavoro vero”, le ripete spesso. Ma “Franco” sente di avere il fuoco del bit dentro.

Il Brasile

All’Elba c’è poco da fare in inverno e così nel 1982 va in Brasile. Ed è nel Paese sudamericano che di fatto nasce il Franchino vocalist: qui canta e suona con band che lo fanno innamorare della musica blues e jazz. Sei anni dopo un’altra isola nel suo destino. È il 1988, nei locali di tendenza di Ibiza si inizia a proporre musica elettronica: Franchino ne resta colpito e capisce che su quel sound la sua voce, grazie anche a quanto imparato in Brasile, avrebbe spaccato. E spaccherà. Di brutto. «Qui ho avuto davvero la mia prima grande botta», dirà.

L’esplosione

Torna all’Elba con una musicassetta speciale: sopra c’è la registrazione di una serata al Pacha che fe sentire al suo amico dj Miki il Delfino: “Miki, dobbiamo suonare questa roba, sarà un successo”. Verissimo. Miki gli fa conoscere l’Imperiale di Tirrenia, uno dei templi della progressive.

L’Imperiale era un locale particolare, molto trasgressivo. La gente era vestita tutta colorata, con i tacchi, gli zepponi. Ognuno di loro quando era lì dentro viveva una propria storia e così un sabato del febbraio del 1992, Franchino si chiede: cosa posso raccontare io? Inizia a canticchiare una favola ed è in quel momento che nasce il mito. Che nasce anche un mestiere: il vocalist nei clubbing.

La consacrazione

Le discoteche diventano il suo mondo, il suo lavoro a tempo pieno.  La consacrazione arriva nei cinque anni di Insomnia, la famosa Discoacropoli d’Italia: dal 1995 al 2000, ogni sabato sera c’è chi si fa anche ore di pullman per venire ad ascoltare lui, le sue voci campionate e gli effetti sonori. Sono gli anni dove la musica techno decolla, ma anche dello sballo e delle droghe sintetiche. Franchino, in una intervista al Tirreno, ha detto: «Nonostante gli eccessi, non ho mai esagerato. Ho sempre saputo fermarmi prima, capire quando andare oltre era davvero rischioso. Così mi sono salvato da una vita affrontata comunque al massimo».  “Vivere per vivere” ripete spesso alla consolle: il suo motto, il suo inno a una vita spesso senza freni, come i suoi mezzanotte-mezzogiorno. La sua voce conquista anche i dancefloor della Riviera Romagnola e di gran parte dell'Italia. 

La malattia

La sua carriera, però, ha una battuta d’arresto agli inizi del Duemila: un brutto carcinoma lo mette a dura prova. Le terapie lasciano il segno. Nella famiglia a Santa Maria a Monte, e nella compagna Michela, trova la cura migliore e riparte, producendo dischi e tornando nei locali. Non più come ai tempi della Divine Stage: la sua voce è debole e stanca per la malattia, ma con i suoi “c’era una volta” continua a riempire i locali di tutta Italia.

Lo ha fatto fino allo scorso aprile, mantenendo sempre intatta quella magia a lui così cara. “La magia fa diventare tutto bello”, diceva spesso: a noi ne resterà tanta di quelle indimenticabili serate.

Il grande evento

Tennis

Coppa Davis, oggi la finale Italia-Olanda: dove vederla in tv e l’orario

Sportello legale