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Monta la protesta degli infermieri in Toscana: «Siamo stanchi, saliremo sui tetti»


	Personale sanitario in corsia (foto d'archivio)
Personale sanitario in corsia (foto d'archivio)

L’organico è ridotto all’osso ovunque le maggiori difficoltà sono in corsia. L’organizzazione è più complessa nelle strutture più piccole e più datate

28 novembre 2023
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«Abbiamo fatto assemblee con infermieri ed operatori socio sanitari negli ospedali. Lo dico chiaro: c’è esasperazione, sono stanchi. Stiamo organizzando proteste eclatanti: saliremo sui tetti degli ospedali, saranno date simboliche dimissioni di massa». A parlare è Simone Baldacci della funzione pubblica della Cgil Firenze. La situazione è però comune ovunque. In ballo c’è un modello di sanità pubblica difficilmente sostenibile con i continui tagli.

«Ogni territorio organizzerà la sua protesta, forte. Dobbiamo farci sentire»: conferma il collega Valerio Musetti, livornese, coordinatore della Cgil per l’Asl Nord Ovest. «Il personale lavora ad organico ridottissimo, salta il riposo e di frequente è costretto a rinunciare alle ferie. È facile verificare quanto diciamo: si controlli la spesa per gli straordinari, l’orario aggiuntivo e i giorni di ferie non fatti».

La conferma delle iniziative di protesta, in preparazione, arriva anche dal segretario regionale Riccardo Bartolini. «La situazione è la stessa in tutta la regione. C’è una norma nazionale voluta da Berlusconi nel 2010 che prevede che non si possa spendere in personale della sanità più del 2004tolto l’ 1,4%. La Toscana si discosta da questo parametro e impedisce alla Regione di coprire il turn over. Abbiamo il sistema sanitario “più pubblico” d’Italia, chiaramente per me è positivo, ma come conseguenza quando il fondo sanitario viene definanziato su noi pesa molto di più. È una condizione che ci mette in difficoltà. Se la Regione copre il turn over rischia il commissariamento».

Più gli ospedali sono “vecchi” più aumentano le difficoltà. «I maggiori problemi si registrano nei piccoli ospedali, a Livorno e ad Arezzo. A Livorno con l’ospedale diviso in padiglioni è come organizzare una macchina che va a carbone. Per non parlare di Cecina, Volterra Piombino. La nostra sarà una campagna precisa “Salviamo la sanità Toscana”. Per la nostra regione la primavera dal punto di vista dei conti sarà molto difficile».

Il sindacato Nursind ha le stesse posizioni. «La situazione è di una carenza cronaca di infermieri», dice Gianni Piccini del Nursind empolese. «A infermieristica – aggiunge – sono stati aumentati i posti ma sono diminuite le domande. I ragazzi conoscono quali sono i carichi di lavoro e sanno che la paga è la più bassa rispetto agli standard europei. Se pensiamo a cosa accadrà entro fine mese c’è da aver paura. Difficilmente saranno reintegrati coloro che andranno in pensione. Il rischio è che aspettando l’anno prossimo ad uscire la stessa persona possa avere 300 euro lorde in meno al mese, da 1.400 euro a 1.100 euro. È chiaro che chi ha i requisit,i anche se avesse voluto lavorare qualche mese in più, se ne va».

A livello nazionale le immatricolazioni al corso universitario sono calate del 10%: a fronte di 11.000 infemieri all’anno che si laureano, ne escono 14.000 per il pensionamento.

«L’argomento delle assunzioni – interviene il coordinatore regionale dell’Ordine degli infermieri Giovanni Grasso – è sindacale ma è chiaro che anche l’Ordine sta sollecitando interventi per evitare una carenza di infermieri straordinaria. Si parla, il dato è della Federazione nazionale degli infermieri, di 65mila in Italia, 3.334 in Toscana. Ne abbiamo parlato in Regione, in particolare con l’assessore alla sanità Simone Bezzini che ha molto chiara la situazione e sta facendo di tutto per incrementare le assunzioni. Le difficoltà sono del resto sotto gli occhi di tutti».

Tanto che dalla Cgil hanno chiara la necessità di ridurre inalcuni reparti i posti letto. «Non mi sembra ci siano soluzioni alternative – aggiunge Baldacci – se non quella di ridurre alcuni reparti per recuperare personale per la prima linea. Se continuiamo a questi ritmi le conseguenze sono pericolose: aumentano, in base ad alcuni dati che abbiamo, le infezioni ospedaliere. Non si tratta di scarsa capacità ma di difficoltà oggettive: se un infermiere passa da 36 a44 ore alla settimana in modo sistematico e ha meno minuti di assistenza da dedicare ai pazienti non riesce a fare tutto come se avesse il tempo necessario. Non possiamo permetterci una diminuzione della qualità della sanità toscana».

Ma cosa accade di fatto ai pazienti?

«Semplice, con meno personale, operatori e infermieri, ad esempio è più difficile prendersi cura dei pazienti. Difficile imboccarli ad esempio se devi farlo a più persone contemporaneamente», dice Baldacci. E aggiunge Bartolini: «Non stiamo sostituendo malattie, maternità, 104. Prima si turnava in 6, ora si turna in 5. Se manca uno, il turno salta e il numero di pazienti per infermiere, aumenta. La Regione sta facendo un progetto sperimentale per capire, con Agenas, quali sono i dati esatti per provare a riorganizzare. Ma è difficile. Molto».l

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