Odifreddi a tutto tondo: «Ucraina? Peggio la guerra curda. E l'umanità meriterebbe l'estinzione»
Il "matematico impertinente" a Lucca per il festival Pianeta Terra. «Nonostante tutto non mi preoccupa il futuro più vicino, le guerre ci sono sempre state. La vera emergenza è il clima»
LUCCA . La guerra, la crisi climatica ed energetica, la politica, ma anche il ruolo della scienza e della divulgazione scientifica. Ci parla di questo Piergiorgio Odifreddi, matematico, pensatore fuori dagli schemi e divulgatore.
Odifreddi è uno dei numerosi relatori che partecipa al festival Pianeta Terra in corso fino a domani a Lucca. Oggi alle ore 12 offrirà il suo contributo parlando del De rerum natura di Lucrezio e di divulgazione scientifica.
Professore Odifreddi, iniziamo con una curiosità, perché si definisce il matematico impertinente?
«In realtà questa definizione non è mia, la mise un editore anni fa come sottotitolo a un mio libro. Poi è stata utilizzata come titolo di una mia rubrica che ho tenuto nel tempo in varie testate. Insomma questa definizione l’ho un po’ subita e mi è rimasta attaccata. Ma mi piace anche, perché quell’aggettivo “impertinente” può essere letto in modi diversi: può essere chi parla di cose non pertinenti al tema, e questo è un significato anche negativo se vogliamo, ma può essere anche chi non accetta, chi non si piega a cose, a verità non dimostrate».
Il festival di Lucca al quale partecipa ha fra le sue finalità quella di immaginare un futuro sostenibile. Il pensatore impertinente come lo immagina il nostro futuro?
«Il futuro dipende da quanto uno lo vede vicino o lontano. Quello più vicino non mi preoccupa più di tanto».
Come fa a essere così ottimista con una guerra in corso e con tutti i disastri che ne conseguono?
«Le guerre ci sono sempre state e ce ne saranno sempre finché ci sono stati divisi da confini. Per non avere più guerre ci vorrebbe un governo mondiale con un mondo senza confini, come lo immaginava anche Einstein. La globalizzazione dovrebbe essere quello, invece ora la globalizzazione è come un colonialismo. Attualmente nel mondo sono in corso una cinquantina di guerre, ma tutta la nostra attenzione è concentrata sulla guerra in Ucraina. Questo perché la percepiamo più vicina. E non sono ancora riuscito a capire perché è stato deciso di entrare così, a gamba tesa, in un conflitto tutto sommato regionale. Secondo me, per esempio, è molto più grave la crisi curda che riguarda molti stati. E anche in questo caso il reale problema sono i confini, quei confini da difendere a tutti i costi e che invece non sono poi così importanti. Il concetto stesso di confine è aleatorio. Pensiamo a quante volte nella storia i confini sono cambiati, pensiamo a come spesso i confini siano solo delle linee tracciate casualmente su una carta. Di fronte a tutto questo un’umanità più sensata si metterebbe a un tavolino e cercherebbe di risolvere questi problemi. Invece vediamo stati e loro rappresentanti che non sanno guardare al di là del loro naso».
E il futuro un po’ più lontano?
«Le guerre sono gravi, ma molto più grave è la questione della crisi climatica-energetica. Ingenuamente viene detto che se non si trovano rimedi è a rischio la sopravvivenza del pianeta. In realtà è a rischio la nostra sopravvivenza, la sopravvivenza dell’umanità. La Terra come pianeta è già passata attraverso crisi ben peggiori di questa, basta pensare a come era la Terra immediatamente prima dell’era della grande esplosione della vita sul pianeta. Era così calda che non esisteva alcun ghiaccio, nemmeno ai poli. Questo però non ha impedito che la vita nascesse ed esplodesse. Oggi siamo così stupidi da distruggere le condizioni per la nostra vita sulla Terra, e allora forse ci meritiamo l’estinzione».
Il contributo che lei porta oggi al festival Pianeta Terra è incentrato sul “De rerum natura” di Lucrezio. Ci spiega perché ritiene che un autore e un libro di duemila anni fa possa ancora essere illuminante per il dibattito scientifico attuale?
«È vero, può suonare strano. Questo è un poema latino in versi scritto da un letterato e che affronta temi prettamente scientifici. Lucrezio decide di parlare di natura, di quello che c’è intorno a noi e di quello che non si vede. Umanesimo e scienza insieme, come pochissimi altri sono riusciti a fare. E lo fa affrontando la cosa da atomista, una posizione allora largamente minoritaria. In antichità lo avevano fatto solo in quattro: Leucippo, il suo principale allievo Democrito, Epicuro e poi Lucrezio. Solo loro parlavano di atomi e di vuoto, solo loro fino all’800 quando i chimici cominciarono a parlare di atomi. Il suo poema è stato letto e commentato da tutti i grandi scienziati perché è sempre stato modernissimo e anticipatore di tutti i grandi temi della scienza. Ed è così ancora oggi».
Lei nel recente passato è stato anche impegnato attivamente in politica. Lo è ancora?
«È stato un impegno brevissimo. Quando Veltroni era segretario e candidato premier, volle creare un gruppo di elaborazione all’interno del Pd e chiamò a farne parte varie persone, ed io fra queste. Ma dopo un paio di settimane sono andato via. Veltroni fra l’altro perse quelle elezioni, ma questo non ha impedito al Pd di governare fino ad ora».
Comunque lei continua a seguire le vicende politiche italiane, come legge l’esito delle recenti elezioni?
«La politica italiana è il riflesso di quello che c’è nel mondo. Quanto alle elezioni, basta leggere i numeri. Il centrodestra ha preso il 43 per cento dei voti, non ha la maggioranza assoluta ma ha la maggioranza assoluta dei seggi, e questa è una stortura. C’è poi stata un’astensione altissima, il 34 per cento, che fa dell’astensionismo il partito di maggioranza relativa. Questo significa che il centrodestra ha preso il 43 per cento del 65 per cento che è andato a votare, quindi siamo intorno a un 25 per cento del totale. Come è possibile allora parlare di democrazia rappresentativa? Ecco perché dico che andrebbe rifondata la democrazia. Bisognerebbe rivedere la Costituzione, che ha 80 anni e ha bisogno di essere attualizzata. Non però come dice la Meloni, che vorrebbe ulteriormente peggiorarla. Pensiamo che quando fu scritta la nostra Costituzione il mezzo di comunicazione più avanzato era la radio, c’erano partiti ideologici e la gente votava per tutta la vita sempre il solito, andava a votare più dell’80 per cento della gente, oggi tutto è cambiato, basta vedere per esempio che dopo un anno dalle elezioni quella maggioranza non funziona più, come è accaduto anche di recente. E allora è chiaro che è il sistema della rappresentanza che non funziona più, che va rifondato. Pensano di farlo i parlamentari, ma andrebbe fatto con consultazioni dirette, con una democrazia diretta. Oggi questo tipo di consultazione sarebbe anche semplice da fare con i mezzi tecnologici che abbiamo, ma non viene minimamente presa in considerazione».l