Il Tirreno

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Natura

I migliori bivacchi e rifugi sui monti toscani: i “posticini” più belli dove ricaricarsi a contatto con la natura

di Irene Arquint

	Antonio Cordiviola
Antonio Cordiviola

La guida scritta da Antonio Cordiviola: percorsi selvaggi frammentati da ristori accoglienti

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Si va per monti per fare un pieno di energia. L’appassionato di sentieri sa bene che portare la stanchezza a spasso per boschi è un po’come la batteria dell’auto che si ricarica da sola. Per cui quanto più fatichi, tanto più ti liberi d’ingombri e quanto più sali, quanto meno ti sentirai pesante. C’è chi la definisce salvifica, chi terapeutica, alla fine la montagna non fa altro che accompagnarti per mano per la vita. Sarà per questo che nel post pandemia è cresciuto il numero di cultori dell’ascesa, a favore anche dei rifugi che hanno visto crescere prenotazioni e coperti. «È anche vero però che si avventurano verso i ristori troppe persone non preparate. La statistica sostiene che nell’ultimo anno il 43% degli interventi di soccorso alpino sono stati fatti su escursionisti a piedi – racconta Antonio Cordiviola – La montagna va avvicinata nel giusto spirito».
Il libro
Ecco perché nel suo ultimo libro “Rifugi, bivacchi e baite delle Apuane” edito da Società Editrice Apuana di Carrara, ha redatto una sorta di decalogo «per rendere consapevoli le persone che un rifugio non è un hotel o un ristorante e la montagna ha regole precise». Che significa anche rispettare il gestore e la sua necessità di pianificare le provviste portate spesso a braccio fino in quota. Come accade ad esempio al Nello Conti sulla via Vandelli, dove il cibo fresco viene caricato a spalla da Resceto, sopra Massa. «E da parte loro i rifugi devono essere in grado di rispondere alle esigenze di questo nuovo tipo di turismo – prosegue Cordiviola – Perché se vogliamo fare crescere il territorio, dobbiamo prendere atto del fatto che i fruitori sono aumentati». L’arco alpino che si allunga sull’estremità nord occidentale della Toscana tra le province di Lucca e di Massa Carrara, è generoso di percorsi frammentati da ristori accoglienti per la notte e per i pasti. La guida uscita in questi giorni voluta dall’editore Luca Galeazzi e Antonio Cordiviola va a colmare un vuoto che ci racconta di quanta ricchezza si nasconda lassù. Ventitre le insegne descritte per le loro peculiarità con suggerimenti sul come arrivarci, dove è possibile trovare un pasto caldo oppure no, quasi sempre prodotti del territorio, a volte autoprodotti. Come ad esempio il miele del Robbio e del Paleo di Puntato nel comune di Stazzema, facilmente raggiungibili da Passo Croce.

I nomi

L’azienda agricola Il Robbio è infatti più di un mero punto di sosta, dove Mauro Tavoni coltiva ortaggi e farina di castagne utilizzati poi nei piatti proposti agli avventori. All’Alto Matanna invece ci sono i formaggi dall’allevamento di pecore e capre. È vero che vi si arriva anche in auto salendo da Pescaglia, ma chi ama esercitare la falcata vi giunge sia da Pascoso che da Metato, da Foce di San Rocchino o da Trescolli con passeggiate panoramiche e poco impegnative. La gestione di Arianna Bonini ha reso la cucina del Forte dei Marmi all’Alpe della Grotta talmente ricercata (i suoi dolci valgono il viaggio) da fare il tutto esaurito ormai da anni nelle belle giornate domenicali. E cosa dire della corroborante zuppa di verdure del Del Freo a Mosceta con vista sulla Pania, o della polenta e dello spezzatino con le patate del Rossi con sguardo sull’Omo Morto che solitamente osserviamo dalla costa, l’altro lato. All’Orto di Donna nel comune di Minucciano si arriva dalla Val Serenaia in un percorso che si snoda interamente nel bosco. Il rifugio dove non mancano mai i prodotti della Garfagnana (dalla zuppa di farro alla birra Petrognola) è gestito da una donna, Stefania Avanzinelli, grande esperta di arrampicata e di sci alpinismo. Insomma: andar per boschi e vette ha il suo perché anche a tavola.
 

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