Lucca, l'arcivescovo si mette ai fornelli in tv: ecco cosa ha preparato
Croce di legno e grembiule, monsignor Giulietti spiega il senso del convivio
LUCCA. Niente sacramenti. Solo un’ode al cibo. Quello popolare. Banditi i virtuosismi da masterchef. Il piatto servito ai pellegrini deve comunicare amore e accoglienza con la semplicità popolare.
Nel ruolo di chef in abito talare ieri sera ha esordito su Tvl Pistoia (circuito Corallo) l’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti nella prima delle dieci puntate dal titolo “Un posto a tavola”. Testimonial della vera essenza del convivio, il monsignore si muove in una location che non prevede altari o simboli sacri. La liturgia da celebrare è quella gastronomica allo Spitale di San Martino a Lucca tra fornelli, ingredienti e il piacere del racconto e dell’ascolto. Il soffritto come preghiera laica, il risotto alla zucca mistero svelato della fede.
È il piatto che il religioso, da sempre a suo agio nella comunicazione, consegna in senso ideale ai telespettatori a fine puntata. L’appuntamento televisivo mette insieme l’approssimarsi del Giubileo con i suoi milioni di pellegrini che nel 2025 si sposteranno verso Roma, i percorsi religiosi di cui l’Italia è ricca e le esperienze conviviali. Accanto a monsignor Giulietti, croce di legno su grembiule, ogni volta ci sarà un esperto che spiegherà il senso di ogni cammino. Nella prima puntata, tra storia e devozione, è stato quello della via Francigena. Il senso del viaggio non solo fisico, ma anche quello che il pellegrino può incontrare nel suo percorso spirituale.
«L’accoglienza deve essere cordiale, simpatica e informata su ciò che rappresenta per la persona in cammino e ricerca – scandisce l’arcivescovo alle prese con cipolla e zucca sul tagliere -. Il cibo ha una portata quasi sacramentale, mette insieme le persone e le vite». Il risotto in cottura fa da quinta al racconto dei pellegrinaggi del passato, prossimi a ripetersi. Finale di puntata con assaggio. «Perfetto» sentenzia monsignor Giulietti.
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