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L’analisi

Trionfo Ferrari, la mossa geniale che ha fatto vincere Leclerc e il “legame” con la Toscana

di Cristiano Marcacci

	La gioia di Charles Leclerc a Monza 
La gioia di Charles Leclerc a Monza 

La scuderia di Maranello è tornata alla vittoria nel giorno migliore che ci poteva essere. In casa, a nemmeno 200 chilometri da Maranello, davanti a una folla festante di oltre 330mila spettatori

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MONZA. È ancora più bello, per noi toscani, vedere sotto il palco a cantare l’inno di Mameli l’amministratore delegato della Ferrari Benedetto Vigna, che iniziò la sua prestigiosa carriera a Pisa – era il 1993 – quando si laureò con lode in Fisica subnucleare. Monza l’ha definitivamente consacrato, prendendolo idealmente in braccio nel tripudio rosso che si è scatenato sulla pista della cattedrale mondiale dei motori. 

Il trionfo

La scuderia di Maranello è tornata alla vittoria domenica 1 settembre nel giorno migliore che ci poteva essere. In casa, a nemmeno 200 chilometri da Maranello, davanti a una folla festante di oltre 330mila spettatori. Leclerc e il suo box hanno trionfato facendo leva su quelle capacità strategiche che troppo spesso avevano fatto cilecca. Il capolavoro è riuscito nella sua completezza, la scelta di rimanere in pista evitando il secondo pit-stop ha spiazzato e disorientato gli avversari e si è rivelata una mossa geniale.

Due lezioni

Anche se Verstappen ha contenuto i danni, dal momento che Norris non è andato oltre il terzo posto, la delusione che è costretto a masticare l’olandese è tanta. Il suo fegato è stato sicuramente invaso dalla bile di ritorno e i tifosi ferraristi non possono che rallegrarsene. Perché – diciamoci la verità – il ragazzo cannibale non è proprio il massimo della simpatia e, paradossalmente, la labbrata rimediata domenica 1 settembre nel Gran premio più atteso dell’intera stagione gli farà bene, un bel bagno di umiltà gli serviva. La lezione di Monza deve, comunque, essere tale anche per la stessa Ferrari. Leclerc ha nuovamente dimostrato di essere un ottimo pilota, in grado di aggiudicarsi un Mondiale nel caso in cui gli venga affidata una macchina competitiva, ma la sua testa non può e non potrà essere sgombra dalle preoccupazioni per l’arrivo di Hamilton, a cui non è ovviamente possibile mettere in mano le chiavi del futuro. Hamilton, infatti, non è lo Schumacher in rosso del 1996. Allora Michael aveva 26 anni e Lewis ne avrà 41. Che si tratti di un’operazione di marketing lo hanno capito anche i bambini, ma i rischi di uno scontro fratricida ci sono tutti. Da un lato il sette volte campione inglese ha sempre fame, non pare appagato e un pensierino a un ottavo titolo iridato tinto di rosso lo sta facendo di certo, dall’altro Leclerc non vorrà sicuramente perdere la posizione di punta di diamante, ma sotto il profilo mentale la capacità di tenuta di Hamilton è di gran lunga superiore a quella del monegasco, apparso in alcune situazioni un po’ troppo fragile. Insomma, una stagione, la prossima, da gestire coi guanti bianchi. Ma c’è tutto il tempo per pensarci. Ora godiamoci lo tsunami rosso in salsa brianzola.

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