Prato, si accende la protesta degli operai al Macrolotto 2: dopo la Welltex sciopero e picchetto anche all’Arte93
Sudd Cobas organizza un corteo notturno di protesta in seguito al licenziamento di tre lavoratori della stamperia che, come sostiene il sindacato, il giorno prima si erano rifiutati di lavorare 12 ore
PRATO. È la “primavera dei pachistani” che stride con l’autunno stagionale. Le fiammelle degli scioperi e delle lotte sindacali, sostenute dal Sudd Cobas, per la conquista dei propri diritti come lavoratori si stanno diffondendo a macchia di leopardo. Non si è ancora finito di parlare della sentenza del Tribunale che ha imposto il reintegro degli operai licenziati (quasi tutti pachistani) tre anni fa dalla stamperia Texprint, a conduzione cinese, perché avevano deciso di scioperare per chiedere orari di lavoro e trattamenti economici come da legge, che l’altro giorno era arrivata la notizia del picchetto davanti alla Welltex, azienda che dopo essere stata costretta a regolarizzare i dipendenti nello scorso mese di marzo, ha chiuso i battenti e licenziato in tronco tutti i dipendenti.
Ed ecco che l’altra notte una nuova fiammella si è accesa al Macrolotto 2 a poche centinaia di metri dalla Welltex. Questa volta sono stati i tre operai della stamperia Arte93 (l’intera forza lavoro) a chiedere l’intervento del sindacato e a dare vita a un corteo di protesta per le vie fra i capannoni artigianali per denunciare – come sostiene il sindacato Sudd Cobas – di essere stati licenziati in tronco solo perché il giorno prima si erano rifiutati di lavorare 12 ore, esattamente come verrebbe fatto da sempre anche in quella stamperia.
Più di 50, tra lavoratori di aziende del distretto e solidali, sono partiti dal presidio sindacale davanti alla Welltex (che va avanti da due settimane) in solidarietà ai lavoratori allontanati e dopo una passeggiata rumorosa tra le fabbriche è iniziato il picchetto per la reintegra dei lavoratori e la regolarizzazione dei contratti.
«La sindacalizzazione nella stamperia era nata a partire dal rifiuto dei lavoratori di firmare dimissioni fittizie volute dall’azienda nel quadro di una ormai nota operazione “chiudi e riapri” per evitare di pagare contributi e tasse e per proteggersi da eventuali sanzioni – scrive il Sudd Cobas – Infatti precedentemente la “Arte93” era la “Eco srl” (ditta a cui tutt’ora sono intestati i contratti dei lavoratori) ».
«Dal rifiuto di farsi raggirare dalla proprietà è nato nei lavoratori il rifiuto categorico di continuare a stare al ricatto dello sfruttamento che ha portato allo sciopero dell’altra notte, che prosegue grazie alla solidarietà di chi ha già combattuto in passato per l’ottenimento dei diritti nelle fabbriche del distretto», continua il comunicato del sindacato.
La “primavera dei pachistani” si sta sviluppando a macchia di leopardo fra le aziende artigiane del distretto pratese ma il sindacato ricorda che un altro picchetto è in corso nella vicina Quarrata dove lo sciopero riguarda la Vot International, azienda del comparto dei mobili dove un operaio pachistano avrebbe denunciato di essere stato picchiato dentro l’azienda all’indomani della richiesta per un minor carico di lavoro.