Il comodato d’uso e il rischio che sconfini nell’occupazione abusiva
Bloccata la messa in vendita del bene: i consigli dell'avvocato Domenico Nicosia
Col mio ex compagno avevamo avviato un piccolo agriturismo nella mia cascina di famiglia. Quando ci siamo lasciati ho lasciato che continuasse lui a gestirlo e gli chiedevo solo i soldi per pagare le tasse. Adesso ho bisogno di venderlo ma lui trova sempre il modo per rimandare. Come potrei muovermi?
Giovanni da San Miniato
Il contratto di comodato d'uso, particolarmente diffuso per immobili e beni strumentali, è una tipologia contrattuale perlopiù gratuita che prevede, in alcuni casi, la possibilità di una controprestazione, purché modesta. Questa condizione è fondamentale per evitare che si configuri come un corrispettivo vero e proprio, il quale farebbe rientrare l'accordo in una diversa categoria contrattuale, esponendo le parti al potenziale rischio di simulazione.
Se il comodato riguarda un immobile e ha una durata superiore a nove anni, la legge richiede che il contratto venga formalizzato per iscritto, preferibilmente mediante atto pubblico o scrittura privata. Anche per gli immobili destinati a uso commerciale, qualora la durata del contratto sia inferiore ai nove anni, pur essendo consentita la forma libera, è comunque consigliabile redigere l’accordo per iscritto, al fine di semplificare eventuali questioni probatorie in caso di dispute future. Quando il contratto è redatto in forma scritta, è obbligatorio registrarlo entro 20 giorni, anche per ragioni fiscali.
Alla scadenza del contratto di comodato, il comodatario è tenuto a restituire il bene al comodante. In alcuni casi, il comodatario, convinto erroneamente che il diritto d'uso si estenda automaticamente, può continuare a utilizzare l'immobile anche dopo la scadenza. Tuttavia, in virtù dell'articolo 1809 del Codice civile, il comodato d’uso è un diritto reale di godimento che attribuisce al comodatario solo la detenzione temporanea del bene, senza conferirgli alcun diritto di possesso. Questo implica che il comodatario è obbligato alla restituzione alla scadenza del contratto, specialmente se il comodante ha necessità di recuperare il bene, per esempio in vista di una vendita.
Nel caso in cui il comodatario si rifiuti di restituire l’immobile alla scadenza del contratto e continui a utilizzarlo, il comodante può intraprendere azioni legali per riottenere il possesso del bene. In questa circostanza, il comodatario diventa un occupante abusivo, poiché non ha più titolo legittimo per trattenere l’immobile. Il proprietario può quindi avviare un procedimento giudiziario per la restituzione del bene; se accolto, il provvedimento giudiziario costituisce titolo esecutivo per la liberazione dell’immobile.
Oltre alla restituzione dell’immobile, il comodante può richiedere un risarcimento per l’occupazione abusiva. La giurisprudenza, con la sentenza n. 33645/22 della Corte di Cassazione, ha stabilito che il danno derivante dall’occupazione illegittima del bene è considerato “in re ipsa” (ovvero, sussiste per il semplice fatto dell'uso illegale). In assenza di una quantificazione precisa del danno, sarà il giudice a stabilirlo mediante una valutazione equitativa.
Il comodato d’uso rappresenta una soluzione utile per concedere temporaneamente l’uso di un bene, soprattutto quando viene formalizzato attraverso un accordo scritto. Tuttavia, è essenziale rispettare le condizioni di scadenza e restituzione del bene, per evitare che il comodatario si trasformi in occupante abusivo, con tutte le conseguenze legali e i rischi di risarcimento danni a carico.
La corretta gestione del comodato, quindi, si basa su una chiara comprensione dei diritti e dei doveri delle parti, nonché sul rispetto dei vincoli stabiliti dalla normativa.
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