Il Tirreno

Prato

La sentenza

Prato, imprenditore non paga i contributi e lo Stato gli nega la cittadinanza italiana

di Paolo Nencioni

	La sede del Tar del Lazio che ha respinto il ricorso dell'imprenditore pachistano
La sede del Tar del Lazio che ha respinto il ricorso dell'imprenditore pachistano

Il ministero dell’Interno ha respinto la domanda e il Tar ha rigettato il suo ricorso

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PRATO. L’omesso versamento dei contributi previdenziali dei propri dipendenti, che in provincia di Prato è una pratica abbastanza diffusa e può apparire anche un peccato veniale, è costato la mancata concessione della cittadinanza a un imprenditore pachistano, Habib Ul Rehman, che nel 2019 si è visto respingere una prima richiesta dal ministero dell’Interno e nelle scorse settimane ha perso un ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

La storia merita di essere raccontata perché nelle condizioni di Rehman ci sono tanti altri stranieri che ambiscono alla cittadinanza italiana ma rischiano di non ottenerla anche per una vecchia condanna.

Quella che ha stoppato le ambizioni dell’imprenditore pachistano è una condanna che risale al 2012 ed è diventata definitiva nel 2013. Rehman è stato condannato dal Tribunale di Prato per non aver versato i contributi previdenziali ai dipendenti, una cifra inferiore ai 10.000 euro. Successivamente quel reato è stato depenalizzato e la condanna revocata. Per questo Habib Ul Rehman, assistito dagli avvocati Enrico Martini e Roberto Bartolini, sperava che lo Stato italiano si fosse dimenticato di quella sua mancanza. Ma le banche dati non perdonano e negli archivi è rimasta traccia di quella condanna, seppur revocata. L’imprenditore ha presentato la richiesta di cittadinanza italiana nel 2016 e il ministero dell’Interno ci ha messo tre anni per rispondergli. Attesa vana, perché la risposta è stata negativa. La motivazione, come detto, è stata la condanna per l’omesso versamento dei contributi. Il fatto che la condanna sia poi stata revocata, secondo il Ministero, non cambia niente, perché resta il fatto storico accertato nel corso di un processo.

L’imprenditore pachistano tramite i suoi avvocati ha fatto ricorso al Tar del Lazio e nelle scorse settimane ha ricevuto un altro diniego.

I giudici amministrativi spiegano che la procedura per la concessione della cittadinanza italiana è molto discrezionale e nella valutazione dei requisiti può rientrare anche una condanna come quella riportata da Rehman, che dimostrerebbe come l’imprenditore non si sia pienamente integrato coi valori dello Stato italiano. 

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