Il Tirreno

Pontedera

Sociale

Pontedera, Nila e il Natale alla mensa della Misericordia: «Non mi vergogno, con 700 euro al mese ogni aiuto conta»

di Paola Silvi
Il gruppo dei volontari in servizio il giorno di Natale
Il gruppo dei volontari in servizio il giorno di Natale

La donna è stata ospite insieme ad altre persone in difficoltà, dei pranzi organizzati per le feste. In tutto l’associazione segue 400 ospiti, in media una quarantina a volta

3 MINUTI DI LETTURA





PONTEDERA. Nila saluta con la sua maglia rossa, natalizia, indossata per l’occasione. Ha appena mangiato e se ne va con un cestino dove c’è anche la cena e un pandoro. «I miei connazionali filippini mi chiedono se non mi vergogno a venire qui anche per le feste. Certo che no. Guadagno 700 euro al mese. Per arrivare a lavoro ho dovuto comprare il motorino, ovviamente a rate. E risparmiare i soldi di un pasto, a volte due, aiutano», dice mentre esce. Alla mensa della Misericordia è Natale tutti i giorni. «Perché non ci sono vacanze per la solidarietà, siamo sempre aperti», sottolinea il responsabile della mensa Renzo Bartoli. Ed è un mantra che rende bene l’idea. Insieme a Nila, il 25 dicembre ma anche ieri, per Santo Stefano, una trentina di persone hanno affollato i locali a fianco del Duomo.

Dal primo ottobre non ci sono più i piatti da asporto. Gli ospiti sono tornati a sedersi, come succedeva prima del Covid, condividono tortellini e rollé di pollo, e chiacchierano con tranquillità. Si abbracciano e in molti casi si ritrovano. Festeggiano o almeno ci provano perché per chi si mette in fila per pranzare non c’è molto di cui gioire. C’è chi non ha nessuno con cui trascorrere le feste. Chi non ha nemmeno una casa in cui invitare amici e parenti per un brindisi e un piatto caldo. «Una famiglia – racconta Bartoli – ci ha regalato quattro pacchi natalizi, un’altra è venuta a servire. Una signora ci ha portato nove buoni sconti da 50 euro ciascuno da spendere al supermercato». È un Natale che unisce nelle difficoltà e nella generosità. Prima la colazione, un cornetto, un dolcino recuperato dai bar e dai negozi cittadini che collaborano al servizio e un bicchiere di tè caldo. Poi il pranzo, frutta, per i giorni natalizi una bottiglietta di Coca cola e qualcosa da portarsi via per la cena. Secondo gli oltre 30 operatori che turnano, sono pochissimi i clochard che partecipano. Ad aspettare ci sono tante persone che dove dormire ce l’hanno ma si dibattono in difficoltà economiche. O magari c’è chi è disoccupato, chi il lavoro ce l’ha ma è occasionale e dunque, come Nila, lima le uscite alla voce cibo. A qualcuno poi, che per motivi di salute, non può uscire, viene consegnato pure a domicilio. «Anche la solitudine è una forma di povertà e nello spirito natalizio nessuno deve rimanere solo. «L’impressione – aggiunge Bartoli – è che il bisogno non accenni a diminuire».

E i dati lo confermano. Quasi gli stessi piatti somministrati del 2023, una domanda che non si placa e arriva da più di 400 ospiti, in media una quarantina a volta, quasi la metà italiani, la maggioranza uomini fra i 30 e i 50 anni. Insomma la generosità è contagiosa e la rete dei supporti si allarga. «I volontari – conclude Bartoli – si rimboccano le maniche per cercare di risolvere, con semplicità, le criticità. Da un paio di calzini a una maglia ad alcune informazioni utili. Il nostro è un gruppo coeso e gli ospiti respirando questo clima, dimostrano sempre tranquillità, compostezza e soprattutto mantengono la dignità».
 

Primo piano
Lavoro stagionale

Estate 2025 in Toscana tra orari assurdi, contratti fuorilegge e stipendi incerti: tutto quello che non va

di Donatella Francesconi