Il Tirreno

Pistoia

Il ricordo

Vannino: quell’addio a soldi, auto di lusso e belle donne. Perché è diventato un simbolo di libertà

di Massimo Donati

	Vannino, al secolo Alessandro Egidio Gori
Vannino, al secolo Alessandro Egidio Gori

Pistoia, il 28 gennaio dello scorso anno il malore fatale mentre pedalava lungo via Vecchia Pratese

14 ottobre 2024
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PISTOIA. Un drappo di stoffa legato attorno alla vita e una bicicletta scassata, spesso senza neppure i copertoni. Nient’altro. Con il sole, con la pioggia o con la neve, in inverno così come in estate. Una sorta di eroe per la gente, quasi un’istituzione, certamente un personaggio ammirato e amato per quella radicale scelta con cui, quarant’anni prima, dicendo basta a ogni convenzione sociale, decise di cambiare la sua vita, fino a quel momento costellata di auto di lusso, belle donne, abiti eleganti e champagne. E sulle ali della sua libertà, in una giornata ventosa e gelida, nel primo pomeriggio del 28 gennaio 2023, Vannino – al secolo Alessandro Egidio Gori – se ne era volato via. Colpito da un malore in via Vecchia Pratese mentre, in sella alla sua bicicletta, stava tornando verso casa, alle Querci.

Aveva compiuto 69 anni il 20 giugno precedente. Ed era conosciuto praticamente da tutti nel Pistoiese, soprattutto fra Pistoia, Agliana e Montale. Almeno tre o quattro, da anni, su Fb i gruppi a lui dedicati. Uno – “Vannino Libero” – creato appositamente un anno prima, quando sui social scoppiò una sorta di insurrezione: la sua casa, da tempo diroccata, senz’acqua e senza corrente, era stata messa sotto sequestro e sbarrata; e lui era stato portato via, alla rsa del Villone, a Pistoia. Insomma, una “violenza” ritenuta inconcepibile dalle migliaia di persone conoscevano quello spirito libero coperto di fuliggine e a piedi scalzi refrattario a qualsiasi forma di costrizione. Una valanga di solidarietà che non si era arrestata neppure quando i contorni della vicenda si erano via via chiariti: il terratetto di via Pratese era stato messo sotto sequestro dal gip del tribunale su richiesta della procura in quanto Vannino era indagato per il reato di smaltimento illegale di rifiuti mediante abbruciamento, a causa del materiale di ogni genere a cui negli anni aveva dato fuoco in giardino per liberarsene, dopo aver recuperato le parti in legno per scaldarsi in inverno dentro casa e quelle di un certo valore per rivenderle ai ferrivecchi. Fatto sta che la polizia municipale aveva dato esecuzione al provvedimento di sequestro, provvedendo anche alla chiusura di tutti gli accessi dell’abitazione, e aveva accompagnato Vannino all’rsa del Villone Puccini in attesa di trovare per lui una nuova sistemazione definitiva.

Ma lui, dopo alcune settimane, era tornato alla sua abitazione senza porte e senza finestre, alla sua libertà. Quella che aveva scelto di vivere circa quarant’anni prima. Quando, lui, rampollo di una famiglia agiata, bello, pieno di soldi, auto, donne e champagne, decise di fare una scelta: mollare la vita mondana per vivere di niente. Ripudiando la società moderna. Lasciando tutto, anche il suo nome, per assumere quello del padre defunto.


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