Pisa, ucciso sotto casa: è del killer lo scooter trovato dalla polizia. Il vero nome della vittima
Il mezzo rubato poi abbandonato dopo essere stato “lavato” con un estintore. Si cercano elementi dalle telecamere nelle zone del furto e del ritrovamento
PISA. Lo scooter risultato rubato ritrovato dalla polizia nella zona di Ospedaletto è ritenuto essere quello utilizzato dal killer e uno dei suoi complici per fuggire da Oratoio dopo aver freddato con cinque colpi di pistola calibro 22, di cui due alla testa, il 37enne muratore e giardiniere albanese Rezart Arshiaj che tutti chiamavano Beni.
La conferma arriva dalla questura di Pisa che sta seguendo le indagini di una vicenda ancora tutta da chiarire. Che, però, potrebbe prendere una direzione un po’ più chiara se emergessero elementi utili proprio dal mezzo a due ruote che è stato abbandonato non prima di averlo cosparso con schiuma di estintore per cancellare eventuali tracce.
Il fatto poi che sia stato notato e sequestrato dagli agenti dopo la pioggia caduta l’altro giorno sulla zona non agevola il lavoro della Scientifica. Ma sapendo data e luogo del furto si possono analizzare ulteriori telecamere.
In cerca di indizi
Quello dei filmati ripresi dagli occhi elettronici a Oratoio è un tema centrale della vicenda. Di dispositivi pubblici nella frazione non ce ne sono. Ma quelli privati di aziende e famiglie sì. E gli agenti contano di ricavare qualcosa di utile dalla visione delle scene registrate. E la speranza è anche di scovare dettagli dai sistemi elettronici attorno al luogo del furto dello scooter e quello dov’è stato lasciato prima di fuggire definitivamente. Anche se resta il mistero della telecamera sul muro dell’abitazione di fronte a quella dove viveva Arshiaj con la moglie Ina e i due figli piccoli: le riprese s’interrompono sabato sera per ripartire domenica alle 22, un’ora dopo l’esecuzione che ha tolto la vita all’albanese il quale, al momento, risulta senza precedenti di polizia. Come i familiari.
Il codice Kanun
Un rebus che la polizia sta cercando di risolvere non tralasciando nessuna pista. La droga, la prostituzione, qualche sgarro lavorativo. E l’antico codice Kanun che in alcune zone dell’Albania condiziona notevolmente la vita di numerose famiglie alle prese con vendette incrociate, omicidi e pericoli anche per i bambini, tanto che il governo di Tirana organizza lezioni scolastiche da far svolgere nelle abitazioni per evitare che i più giovani escano di casa e finiscano ammazzati per una colpa che non hanno. E il fatto che negli archivi di alcuni giornali albanesi non emergano articoli sulla famiglia di Beni non esclude che la sua uccisione sia legata proprio all’antico sistema delle faide in corso.
Il commando
Ma la questura di Pisa indaga anche su quanti hanno fatto parte del commando. Di sicuro c’era il killer che ha atteso nascosto nella corte interna il ritorno del furgone guidato dal 37enne domenica sera, dopo alcune ore di lavoro a casa di un parente. Un altro dato pressoché certo è la presenza in zona di un complice che attendeva la fine del blitz omicida, probabilmente seduto sulla sella dello scooter pronto a fuggire con l’uomo che, materialmente, ha esploso i colpi di pistola fuori dal finestrino del mezzo da lavoro senza dare modo alla vittima di reagire. E per portare a termine un’azione simile c’era bisogno anche di un altro componente del gruppo che avvisasse l’assassino del ritorno a asa di Arshiaj. Se poi dovesse risultare esatto che la telecamera di fronte a casa dell’albanese morto ammazzato è stata manomessa in maniera temporanea, senza danni permanente, i partecipanti all’uccisione del muratore giardiniere salirebbero almeno a quattro.
Cura dei dettagli
Ipotesi, certo. Ma di fronte a un episodio simile è difficile pensare che si sia trattato di un’improvvisazione. Impossibile che chi ha premuto il grilletto abbia sfruttato una serie di coincidenze così eclatanti, eccetto il fatto che i colpi sono partiti insieme ai rintocchi delle campane per annunciare la partenza della processione per la festa di Maria Santissima. Quello sembra si sia trattato di un caso. Ma per il resto, la morte di Rezart “Beni” Arshiaj ha tutta l’aria di essere stata davvero il risultato di un’operazione preparata in ogni minimo dettaglio da professionisti del crimine.
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