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Livorno, per 10 anni vomita dopo i pasti. Poi la diagnosi giusta: «Così abbiamo salvato la paziente»

di Martina Trivigno
L’équipe guidata dal primario Raffaele Manta
L’équipe guidata dal primario Raffaele Manta

Una donna di Buti per quasi 10 anni ha vomitato dopo i pasti credendo di soffrire di bulimia. Il primario Raffaele Manta: «Poi la diagnosi corretta e l’operazione risolutiva»

22 novembre 2024
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LIVORNO. Per nove anni ha creduto di soffrire di un disturbo dell’alimentazione, la bulimia, perché dopo ogni pasto arrivava il vomito. Poi però, dopo quasi due lustri, finalmente la diagnosi reale – acalasia esofagea – e quindi l’intervento risolutivo: un’endoscopia digestiva, eseguita venerdì scorso e trasmessa in diretta dall’ospedale di Livorno davanti a oltre 400 partecipanti, nel corso del 34° congresso nazionale Anote/Anigea dal titolo “Oltre il presente: il nuovo ruolo dell’infermiere specialista in endoscopia nel futuro della professione”. E l’operazione ha consentito a una donna di 37 anni, residente a Buti (Pisa), di riacquistare quella normalità persa nove anni fa e in cui lei ormai non sperava più.

La diagnosi corretta

Dopo tre mesi di digiuno forzato, la donna adesso ha ripreso a mangiare (anche se al momento la sua è una dieta semiliquida) grazie all’intervento eseguito agli Spedali Riuniti dal dottor Raffaele Manta, direttore dell’unità operativa complessa Endoscopia digestiva, assistito dal dottor Matteo Blois, dall’anestesista Donatella Conte, dalle infermiere specializzate Erica Antonacci e Monica Cavallin, con l’innovativa tecnica chiamata di miotomia endoscopica transorale. «La paziente era affetta da una cosiddetta acalasia esofagea, in pratica dalla chiusura del cardias, il muscolo a forma di anello tra l’esofago e lo stomaco che in condizioni normali funziona come una valvola permettendo il passaggio del cibo ed evitando l’uscita degli acidi gastrici – spiega il primario Manta – . Questa rara patologia comporta non soltanto una condizione molto invalidante perché consente di alimentarsi esclusivamente tramite un sondino, ma anche estremamente pericolosa perché espone a polmoniti ab ingestis, legate alla presenza di contenuto gastrico nei polmoni. Per ben due volte la signora, che in questi mesi ha perso oltre 16 chili, aveva dovuto affrontare situazioni in cui la sua stessa vita era in pericolo».

La data cruciale

E c’è una data che la 37enne ha cerchiato in rosso sul calendario: il 21 settembre. Ed è proprio in quel momento che ha pensato che tutto fosse finito. Così si è presentata al pronto soccorso di Pontedera e i numerosi e accurati accertamenti hanno individuato la polmonite ab ingestis. E la macchina della sanità si è messa in moto. «Dopo il ricovero nel reparto di Malattie infettive guidato dal dottor Spartaco Sani, e una volta effettuata la diagnosi assieme ai colleghi del Centro di Fisiopatologia digestiva della Gastroenterologia dell’Università di Pisa, abbiamo fissato l’intervento – prosegue il dottor Manta – . Si tratta di una procedura eseguita in anestesia generale che prevede, spiegato in modo molto semplice, il taglio di alcune fibre muscolari (miotomia) che impediscono al cardias di funzionare regolarmente. La parte più complessa è quella precedente al taglio che prevede l’apertura di un tunnel sottomucoso mediante l’iniezione di una soluzione liquida. È per questo che solamente in dieci centri in tutta Italia sono in grado di eseguirlo».

La rinascita

La donna racconta di aver temuto davvero per la sua vita, ma spiega che ora è felice. «Per la prima volta dopo tantissimi anni mi sento rinata, è proprio il caso di dirlo. Tuttavia voglio fare un appello per ricordare che quando si tratta di salute nulla deve essere sottovalutato e, soprattutto, non bisogna mai ignorare o rimandare gli accertamenti: io, sbagliando, purtroppo l’ho fatto troppe volte – sottolinea la 37enne – . Quando lunedì sono tornata a casa e buttato giù il primo cucchiaio di minestra, sono scoppiata a piangere. È stata una gioia indescrivibile, una sensazione che non provavo da tanto, troppo tempo». Sì, perché secondo quanto raccontato dalla donna al Tirreno, alla fine anche lei stessa si era convinta di soffrire di bulimia. «E invece non c’entrava nulla con il mio malessere – precisa – . Per questo voglio ringraziare i medici che ho incontrato lungo questo mio cammino di sofferenza, tutti quanti, perché adesso mi sento carica e piena di energia. Sto conoscendo un’altra me che avevo completamente rimosso».

E questa nuova vita è iniziata nel momento esatto in cui la donna si è risvegliata dall’anestesia dopo l’endoscopia digestiva. «Grazie a questa innovativa tecnica è stato possibile intervenire per via endoscopica senza ricorrere quindi alla chirurgia, ripristinando in poco meno di un’ora e senza fare tagli esterni una condizione che permetterà nuovamente di tornare ad alimentarsi in maniera naturale - conclude il primario Raffaele Manta - . Il risultato è ovviamente il frutto della collaborazione non soltanto del personale medico e infermieristico del reparto che ringrazio, ma anche della direzione ospedaliera e aziendale che da sempre sostiene i nostri sforzi».

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