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Musica in lutto

Franchino, il malore e poi il ricovero. Il manager: «Ha lottato come un leone, ecco come vorrebbe essere ricordato»

di Andreas Quirici
Franchino, il malore e poi il ricovero. Il manager: «Ha lottato come un leone, ecco come vorrebbe essere ricordato»

Il ricordo del vocalist morto a 71 anni da parte del manager Leonardo Brogi: «Resterà un mito indiscusso»

20 maggio 2024
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PISA. L’Imperiale di Tirrenia, l’Insomnia di Ponsacco, il Jaiss di Sovigliana a Empoli. Tre dei tantissimi locali che lo hanno visto prendere in mano il microfono e lanciarsi in quei racconti di fiabe per far diventare tutto una magia. Perché Franchino, al secolo Francesco Principato da Caronia, in Sicilia, è stato per anni la voce sulla musica da discoteca, il vocalist che ammaliava migliaia di giovani diventando un mito per tante generazioni. La notizia della sua morte all’età di 71 anni avvenuta all’ospedale Niguarda di Milano, dov’era ricoverato dopo un malore avuto a Livigno durante una serata poche settimane prima, ha letteralmente fatto il giro d’Italia. Ed è stata la sua famiglia, quella composta dalla compagna Michela Redaelli e le sue tre figlie Martina, Carlotta e Luna a dare l’annuncio sui social network suscitando migliaia di reazioni e commenti, ma soprattutto chiudendo un’era. «È stato un vero simbolo sociale», dice Leonardo Brogi, manager del gruppo di dj e vocalist Metempsicosi in cui lavorava Franchino.

La sua famiglia abitava a Santa Maria a Monte da tempo, dopo che il 71enne si era trasferito all’Isola d’Elba dalla Sicilia per spostarsi poi nell’Empolese. Ma anche i suoi colleghi erano una famiglia, unitasi nel 1997 e andata avanti fino a oggi con tutti i momenti felici e i problemi tipici di chi vive a stretto contatto per la maggior parte del tempo. «L’ho conosciuto nel 1993 all’Imperiale – ricorda Brogi – e subito abbiamo cominciato a lavorare insieme. Poi dal 1997 è nato il gruppo che in tutti questi anni ha segnato un’epoca. E Franchino era uno dei miti indiscussi».

Ma era anche un uomo malato, riemerso da un gravissimo problema e da mesi alle prese con un secondo male che, alla fine, lo ha portato alla morte. «Sì, ma ha lottato come un leone fino in fondo – riprende il manager –. È rimasto attaccato al lavoro, era tra le cose, oltre alla famiglia e le figlie, a tenerlo attaccato alla vita. Più volte ha detto che sarebbe stato l’ultimo anno, non ce la faceva più. Ma andava avanti, perché sapeva di essere un punto di riferimento per tantissime persone, tra chi lo aveva conosciuto da giovane e anche per tantissimi ragazzi dei giorni nostri».

Poi a fine aprile, durante una serata in una discoteca a Livigno, Franchino ha avuto un problema che lo ha costretto al ricovero al Niguarda di Milano. Giornate dure, il corpo provato da anni di sofferenza. E, infine, l’addio a un personaggio la cui voce è registrata in migliaia di “cassettine” o compact disc oppure tracce digitali condivise nelle chat o nelle applicazioni di musica. Insomma, un cantastorie destinato a vivere in eterno, associato al periodo spensierato di tantissime persone che hanno ballato davanti alle consolle di tutta Italia, ma anche quelle più prestigiose all’estero, dove Franchino ha lavorato.

La famiglia ha detto che il funerale sarà celebrato in forma privata. Non è chiaro se ci sarà l’esposizione della salma, ma da ogni dove Brogi riceve telefonate e messaggi da chi vorrebbe rendergli un ultimo omaggio o vorrebbe dirgli addio. «Vediamo cosa decideranno la compagna e le figlie – sottolinea – perché la decisione spetta giustamente a loro. Di sicuro Franchino non voleva uno show, ma voleva essere ricordato con l’immagine di lui col microfono in mano davanti alla consolle».

La classica immagine che tutti hanno in testa quando si parla del vocalisti tra i più famosi d’Italia. Molto diversa da quella che hanno visto quelli, come Leonardo Brogi, che sono andati a trovarlo in ospedale: «Sono andato due volte a Milano. Era stremato. Abbiamo parlato un po’. Gli ho chiesto se era stanco. E lui con lo sguardo mi ha risposto di sì». 


 

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