Aziende in crisi, ecco il salvagente: cos’è e come funziona la composizione negoziata
L’analisi di Valter Tamburini, presidente della Camera di commercio: «Sistema utile e innovativo per intervenire prima di situazioni irreversibili»
PISA. La composizione negoziata a un anno dall’avvio di questa forma di risoluzione stragiudiziale della crisi è da considerare l’istituto più innovativo del codice della crisi, anche se la procedura ancora non decolla.
Il presidente della Camera di commercio della Toscana Nord-Ovest Valter Tamburini ne ha parlato di recente in occasione di un convegno organizzato dal Rotary Club San Giuliano Terme–Fibonacci Rotary Club Santa Croce-Montopoli, che si è tenuto a Pisa. Un’occasione per fare il punto e analizzare quello che, ancora, non è del tutto conosciuto al grande pubblico. Ma che rappresenta una svolta nelle procedure concorsuali.
Presidente, il nuovo codice della crisi ha cancellato la parola “fallito”. È solo una questione di parole?
«Fallito in Italia ha un’accezione negativa, certo un’azienda che chiude per insolvenza lascia uno strascico economico e sociale sui fornitori e dipendenti molto pesante, ma il fallimento è nella vita delle persone l’occasione per ripartire traendo lezioni utili dagli errori. Bene ha fatto il legislatore a cambiare nome, perché si può ripartire».
Resta però il danno sociale dell’impresa insolvente.
«Sì, e questo è un problema non solo dell’imprenditore che trovandosi in difficoltà magari anche solo per colpa di altri, perde casa e risparmi, ma a cascata si ripercuote su fornitori e dipendenti. Per questo c’è un aspetto sociale rilevante con effetti collaterali spesso dannoso anche verso chi non ha responsabilità dirette. E il nuovo codice della crisi è voluto intervenire introducendo un nuovo strumento che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe evitare che un principio di difficoltà, se preso per tempo e con strumenti giusti, degeneri in chiusura».
Di cosa si tratta, cosa c’entrano le Camere?
«La procedura si fonda su elementi quali l’essere volontaria, digitale, riservata e supportata da un esperto con l’obiettivo di favorire l’emersione di situazioni di pre-crisi dell’impresa in modo che non sfocino in una condizione irreversibile e fare in modo che l’attività produttiva venga salvaguardata se ve ne siano i presupposti. È un sistema, quindi, che si basa sulla autovalutazione dell’imprenditore, vale a dire sulla sua capacità di diagnosi tempestiva della crisi e sulla scelta consapevole, ponderata, di utilizzare questo nuovo percorso di risanamento».
In maniera concreta quali sono i passaggi da affrontare?
«La procedura si fonda su due capisaldi: la piattaforma digitale attraverso cui sono gestite le procedure, realizzata da Infocamere, strumento ricco di informazioni, gestite anche in forma attiva (un esempio sono i test di autovalutazione), che rappresenta il punto di incontro e di scambio di documentazioni tra impresa, esperto, creditori pubblici e privati e sulla figura dell’esperto, un soggetto baricentrico all’interno della composizione stragiudiziale, che non si sostituisce nella gestione ordinaria e straordinaria dell’imprenditore, ma gli si affianca».
Qual è il valore aggiunto degli enti camerali in questa riforma di settore?
«Ad oggi si sono iscritti negli elenchi tenuti dalle Camere di commercio 3. 500 soggetti, ma al di là del numero, l’aspetto importante da tenere in considerazione è l’adeguatezza della preparazione rispetto ad un ruolo che è assolutamente nuovo per il panorama italiano. Sotto questo aspetto è da sottolineare l’importanza del ruolo affidato al Sistema Camerale: le Camere di commercio capoluogo di regione sono sede delle commissioni che nominano l’esperto per le cosiddette “imprese sopra soglia”, mentre per le rimanenti la nomina è effettuata direttamente dal segretario generale della Camera competente per territorio in base alla sede legale dell’impresa».
Funziona?
«Siamo molto all’inizio. Lo strumento è poco conosciuto. Si basa sul presupposto che un esperto possa intervenire per accompagnare fuori dal guado. Sono evidenti gli aspetti psicologici, fiduciari, la delicatezza del ruolo del compositore anche nei confronti dei professionisti dell’azienda in crisi. Servono competenze molto qualificate, consulenti d’azienda, figure ancora non così diffuse».
A livello numerico?
«Sono oggettivamente poche le procedure avviate in un anno in Italia, circa 480, a fronte delle migliaia che venivano ipotizzate anche in sede di relazione di accompagnamento del nuovo dettato normativo. Pochissimi i casi di successo, stiamo parlando di poche unità. Colpisce, invece, il numero delle istanze “parcheggiate”, cioè iniziate ma non portate avanti, cosa con tutta probabilità dovuta alla difficoltà di predisporre la documentazione necessaria per presentare l’istanza. La domanda deve essere infatti accompagnata da una decina di documenti, alcuni predisposti direttamente dall’impresa (ad esempio l’elenco dei creditori e soprattutto, il piano di risanamento) , mentre altri sono di provenienza terza (certificazione dell’Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Centrale rischi, con tempi di rilascio a volte lunghi, fino a 50, 60, 80 giorni) . Molte, poi, sono state le composizioni archiviate per assenza di prospettive di risanamento. In questi casi appare lecito pensare che sia stata fin dall’inizio imboccata una strada che si doveva invece già considerare impercorribile, perché se una impresa si trova in una fase di difficoltà cronica è difficile pensare che abbia prospettive di risanamento».
Che strumenti hanno i compositori?
«Questo è il vero problema: non molti in effetti».
E da imprenditore, cosa ne pensa?
«Siamo di fronte a un istituto nuovo ed era logico aspettarsi una iniziale diffidenza nell’abbracciarlo da subito senza prima aver avuto modo di osservarne, magari a distanza, gli effetti pratici. Tante sono le novità da metabolizzare e tanti sono i soggetti pubblici e privati chiamati a svolgere un ruolo attivo nella procedura riadattando il proprio agire secondo una nuova logica, cause che possono tenere imprese e professionisti a distanza. Forse, ma io direi senz’altro, a questo si aggiunge anche il timore dell’impresa di far emergere, in un certo senso “certificandola”, la situazione di pre-crisi allertando creditori, fornitori e sistema bancario con un temuto ritorno negativo, anche in termini di immagine. Inoltre, può infatti concretizzarsi il rischio della chiusura dei “rubinetti del credito”, specie nel caso in cui la procedura non riesca ad andare avanti, essendo però il campanello di allarme già scattato».
Le imprese sono pronte a queste novità?
«La composizione negoziata è uno strumento nuovo che ha bisogno di un necessario rodaggio, ma anche di affermarsi da un punto di vista culturale. Il vice ministro delle Imprese e del Made in Italy, Francesco Paolo Sisto l’ha definita come una sorta di partenariato pubblico-privato allo scopo di creare concrete possibilità di ripresa alle imprese in difficoltà: si tratta quindi di una sfida che va raccolta tutti assieme».l
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