Il Tirreno

Montecatini

«Vito Panati fatti vedere e facci lavorare»

di Luigi Spinosi
«Vito Panati fatti vedere e facci lavorare»

Prima il corteo e poi la protesta sotto l’hotel del proprietario, e da oggi in cassa integrazione 9 dei 12 “salvati” pochi mesi fa

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MONTECATINI. «Prima 28 ora 39 famiglie senza lavoro»: questa scritta compariva sullo striscione che, ieri pomeriggio, apriva il corteo dei dipendenti Panapesca. Un corteo per protestare contro l’annuncio della messa in mobilità di, appunto, 39 dipendenti, che arriva a distanza di pochi mesi da una precedente iniziativa della proprietà nei confronti di altre 28 persone.

Una manifestazione per certi verso storica, perché a Montecatini, che non è certo una realtà manifatturiera (e del resto la stessa sede della Panapesca si trova nel confinante Comune di Massa Cozzile) erano anni, anzi, decenni che non si assisteva a un corteo di protesta di lavoratori.

In totale un centinaio di persone, i 39 dipendenti, alcuni colleghi, e i loro familiari. Compresi i bambini, in prima fila a dare un po’ di colore e allegria a un corteo composto da persone che, di motivi per essere allegre, ne hanno ben pochi. Scortati da polizia, carabinieri e vigili urbani, presenti già da un’ora prima della manifestazione nel punto di ritrovo (il tratto iniziale di corso Roma), i partecipanti al corteo sono partiti poco dopo le 16,30, “armati” di cartelli, bandiere dei sindacati e di tutto ciò che poteva fare rumore: trombette da stadio, fischietti, coperchi di pentole e artigianali maracas fatte con le bottiglie di plastica. Un modo per richiamare l’attenzione dei passanti (in un corso domenicale che ieri, però, era un po’ meno affollato del solito) sul dramma vissuto da questi lavoratori.

Un dramma raccontato dalle scritte sui cartelli: «Dopo anni di sacrifici per l’azienda questi sono i ringraziamenti»; «Ci avete lasciato solo le lische» (con un richiamo all’attività centrale di Panapesca, la lavorazione del pesce); «2013 a casa 29 dipendenti, 2014 a casa 39 dipendenti e domani a chi tocca?». E, ancora, rivolto al titolare dell’azienda Vito Panati, il cartello con su scritto «sei in alto grazie a noi operai licenziati».

Il corteo si è mosso lentamente, facendo una lunga sosta all’incrocio tra corso Roma e viale Quattro Novembre, il punto più vicino a piazza del Popolo (da dove sarebbe dovuto passare inizialmente), quindi, accompagnato da slogan (su tutti quello che costituiva l’appello principale, «lavoro, lavoro») è ripartito. Tra i passanti che assistevano alla sfilata in molti, a cogliere i discorsi, solidarizzavano con i manifestanti. Incuriositi i turisti stranieri, che non hanno mancato di fotografare il corteo. Compresi gli ospiti dell’Hotel Croce di Malta, meta finale della protesta, arrivato qui attorno alle 17,20. Si tratta, appunto, dell’hotel di proprietà dello stesso Panati. E a lui erano dedicati i cori («Vito Panati facci lavorare» o «Vito Panati fatti vedere») scanditi una volta arrivati.

Qui il presidio di protesta è andato avanti oltre un’ora, quando, lentamente, i manifestanti hanno cominciato a tornare alle proprie case. I lavoratori hanno cominciato a far sentire le proprie ragioni, e non sono mancate anche proteste nei confronti dei sindacati confederali, accusati – alla luce di quanto avvenuto nella precedente vertenza – di non aver fatto abbastanza per tutelare i dipendenti. Dipendenti che non si sanno spiegare il perché di questo nuovo taglio occupazionale, visto che – sostengono – il lavoro non manca. Contestato il ricorso a cooperative esterne per svolgere mansioni fino a ieri fatte dai dipendenti, e al controsenso di turni lunghissimi per riuscire a svolgere tutto il lavoro che, in teoria, non dovrebbe esserci: «Hanno fatto il turno dalle 7 alle 21 – protesta un’operaia – dovremmo tornare al vecchio orario, quello delle 8 ore, se davvero manca il lavoro».

Al di là delle polemiche interne i sindacati si mostrano soddisfatti della manifestazione, un po’ meno della piega che sta prendendo la trattativa: «Il 30 incontreremo l’azienda – dice Aniello Montuolo della Fisascat Cisl – e dobbiamo capire quali sono le sue intenzioni». Brucia ancora quanto accaduto appena pochi mesi fa con la messa in mobilità di 28 persone: «Alla fine – chiude Montuolo – fu trovata una soluzione meno dolorosa, con la cassa integrazione di un anno per 16 di loro e il reimpiego di 12 in una delle cooperative subentrate in azienda. Ebbene, giusto domani (oggi per chi legge ndr), pochi mesi dopo quell’accordo, parte la cassa integrazione per 9 di quei 12». In sintesi, sulla trattativa, aleggia ormai anche una mancanza di fiducia verso la controparte.

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