Il Tirreno

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Farmoplant 35 anni fa il disastro e la fuga di 150mila persone: il ricordo

di David Chiappuella
Farmoplant 35 anni fa il disastro e la fuga di 150mila persone: il ricordo

L’anno prima il Tar aveva definito l’impianto sicuro al 99, 999%

16 luglio 2023
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MASSA. Trentacinque anni. Tanti ne sono passati dal quel 17 luglio 1988, in cui migliaia di persone si svegliarono nel panico per l’esplosione avvenuta alla Farmoplant, azienda del gruppo Montedison che produceva pesticidi a due passi dal mare.

Alle 6,15 del mattino, infatti, all’interno della fabbrica chimica scoppiò un serbatoio cilindrico in posizione orizzontale contenente 55.000 litri (ne bruciarono 15.000) del pesticida Rogor, in soluzione al 45% con il solvente cicloesanone, entrambi altamente tossici, sprigionando un odore acre e nauseabondo. Si sviluppò un incendio che venne spento dopo alcune ore: una gigantesca nube nera si alzò in cielo e circa 150.000 persone (solo nei campeggi soggiornavano quasi 40.000 turisti) scapparono terrorizzate. Per 30 ore non venne lanciato un allarme ufficiale e la popolazione non fu informata della gravità dell’incidente. Soltanto quel giorno vi furono 150 intossicati, con irritazioni alle vie respiratorie, bruciori agli occhi, nausea, vomito, diarrea, allergie e varie manifestazioni alle vie aeree, al sistema neurologico e circolatorio. La nube coprì un’area di circa 2000 chilometri quadrati, arrivando a far sentire i suoi effetti su tutta la nostra provincia e su quella di La Spezia. Nel torrente Lavello i pesci morirono e fu diramato un divieto di balneazione contestualmente alle raccomandazioni di non cibarsi di frutta e verdura locale e di lavarsi in modo molto accurato. La Farmoplant era contestata già da tempo. Otto anni prima, infatti, si era trovata al centro di un altro grave incidente: l’incendio, con fuoriuscita di una precedente nube tossica, al magazzino del pesticida Mancozeb.

Il 25 ottobre 1987, un referendum consultivo, il primo in Europa, che coinvolse i comuni di Massa, Carrara e Montignoso (circa 142mila cittadini), aveva visto la vittoria con il 71,69% di chi intendeva mettere i sigilli allo stabilimento. Il Tar, però, ne aveva evitato la chiusura, considerandolo sicuro al 99,999%, affermazione che non era mai stata espressa neppure per uno stabilimento alimentare. L’esplosione del Rogor segnò il punto di non ritorno, portando a manifestazioni popolari di protesta e scioperi, fino alla chiusura definitiva del polo chimico. Tristemente celebre fu la carica delle forze dell’ordine contro i cittadini, avvenuta in piazza Aranci il giorno dopo l’incidente, mentre in prefettura si riunivano Giorgio Ruffolo, Vito Lattanzio ed Enrico Ferri, allora ministri del governo De Mita. Un avvenimento durante il quale lo stesso fotografo del Tirreno Claudio Cuffaro fu raggiunto da una manganellata. Il risarcimento ottenuto dal territorio apuano per il disastro fu irrisorio: 600mila euro al Comune di Carrara, 750mila a quello di Massa e 250mila alla Provincia. Per l’intera area occupata un tempo dalla fabbrica chimica (55 ettari) risulta già completata una prima bonifica, effettuata in proprio dalla società Cersam (ex Farmoplant) e certificata dalla giunta regionale con decreto n. 3785 del 22 settembre 1995. In almeno 11 lotti dell’ex Farmoplant, tuttora inclusa nel Sin, furono però in seguito rinvenuti nuovi rifiuti e veleni, rendendo necessari ulteriori procedimenti di bonifica, nonostante si trattasse di terreni già venduti per il riutilizzo. Durante l’ultimo monitoraggio della falda Sin/Sir apuana, risalente al 2018-2019, la Sogesid Spa, società del ministero dell’Ambiente, ha riscontrato nelle acque sotterranee sottostanti l’ex stabilimento e a valle di esso «una diffusa presenza di composti organo clorurati», in alcuni casi «oltre 1000 volte superiori ai limiti di legge».

Intanto la sesta edizione dello studio epidemiologico nazionale Sentieri, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, ha confermato nella nostra provincia una mortalità in eccesso dovuta a tumori ed altre malattie spesso derivanti dall’inquinamento chimico residuo. Sul fronte della giustizia, però, qualcosa si muove, come dimostra la sentenza emessa dal Tar di Firenze il 3 novembre 2020, che ha riconosciuto Edison Spa (ex Montedison) “(cor)responsabile” dell’inquinamento provocato dalla Farmoplant, condannandola a presentare entro 6 mesi un progetto di bonifica della falda. Ad oggi, però, questo intervento non è ancora partito.  

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